Karl Marx, come classico del pensiero occidentale, conserva una forza intramontabile; tuttavia, nell’epoca del digitale, il richiamo alla storia non è più sufficiente. Di fronte a sfide completamente nuove, emerge la necessità di elaborare modelli concettuali capaci di rispondere alle esigenze del presente. Questo è particolarmente vero per Marx, che scriveva in un’epoca dominata dalle macchine a vapore e in cui la dinamica del potere era fondata sul controllo diretto dei mezzi di produzione. Oggi, invece, il potere si è spostato verso la gestione dei servizi, con chi comanda che detiene il controllo non sui beni fisici, ma sulle piattaforme e le infrastrutture che li rendono accessibili. Nonostante ciò, rileggere il concetto di valore d’uso in Marx può offrire spunti illuminanti, aiutandoci a riflettere sulle possibilità di un’economia circolare e sostenibile, capace di affrontare le sfide del digitale.

Il valore d’uso

Il concetto di “valore d’uso” in Marx si riferisce all’utilità concreta di una merce, ossia alla sua capacità di soddisfare un bisogno umano, sia esso fisico, pratico o sociale. Questo valore è intrinseco alle proprietà materiali dell’oggetto stesso e non dipende dalle relazioni economiche o dallo scambio sul mercato. Ad esempio, una giacca ha valore d’uso perché tiene al caldo, un libro perché offre sapere o intrattenimento e una macchina perché permette il trasporto. Il valore d’uso è qualitativo e si concretizza solo al momento del consumo, quando la merce viene effettivamente utilizzata. Questo concetto mantiene una rilevanza profonda anche nella società digitale contemporanea, sebbene debba essere reinterpretato alla luce delle trasformazioni dell’economia dell’informazione e della cultura del consumo.

La proprietà come utilizzo condiviso e funzionale

In questo nuovo contesto, non si limita più ai beni materiali, ma si estende a quelli immateriali, come software, contenuti digitali e servizi online. Applicazioni di messaggistica, piattaforme di streaming e dispositivi smart rappresentano esempi concreti: essi possiedono un valore d’uso legato alla loro capacità di soddisfare bisogni essenziali come comunicare, informarsi o semplificare la vita quotidiana. Tuttavia, l’accesso a questi beni dipende da infrastrutture tecnologiche spesso invisibili agli utenti, come reti internet e data center, rendendo meno evidente il valore d’uso intrinseco. Il digitale segna un cambio di paradigma fondamentale che trasforma radicalmente il concetto di proprietà, spostando il fulcro dall’accumulo di beni materiali verso una logica di utilizzo condiviso e funzionale. Questo cambiamento si inserisce in un più ampio passaggio verso un’economia circolare, che mira a ottimizzare le risorse e a ridurre drasticamente gli sprechi, promuovendo modelli di consumo basati sulla sostenibilità.

Il valore dell’oggetto

Tradizionalmente, il concetto di proprietà è stato centrale nelle società industriali, dove l’acquisizione di beni materiali rappresentava uno status sociale e un obiettivo economico. Tuttavia, il digitale ha inaugurato un nuovo approccio, fondato sulla condivisione, sull’accessibilità e sull’uso temporaneo piuttosto che sull’acquisizione permanente. L’idea di utilizzo prevale in numerosi ambiti: piattaforme come Netflix e Spotify offrono accesso a contenuti senza necessità di possedere fisicamente i media; servizi di car sharing e bike sharing come Uber o Lime promuovono la mobilità senza la proprietà di veicoli; tecnologie basate su cloud permettono di accedere a software e dati senza dover acquistare hardware costoso o infrastrutture locali. Questo modello ribalta il paradigma industriale tradizionale, favorendo l’uso collettivo e scalabile delle risorse. Si tratta di un mutamento che non è solo tecnico, ma anche culturale. La percezione del valore si sposta dal possesso alla funzionalità: il valore non risiede più nell’oggetto in sé, ma nella sua capacità di rispondere a un bisogno specifico nel momento in cui si presenta. Ciò sfida le tradizionali gerarchie economiche e sociali legate alla proprietà, favorendo una maggiore equità e inclusione. Inoltre, la dematerializzazione dei beni e dei processi produttivi riduce l’impatto ambientale, avvicinando le società a modelli di sviluppo sostenibile.

Il digitale rappresenta non solo un’evoluzione tecnologica, ma una trasformazione strutturale nei modi di produzione, consumo e scambio. Promuovendo il concetto di utilizzo al posto della proprietà, apre la strada a un’economia circolare in cui l’efficienza, la sostenibilità e la condivisione ridefiniscono le basi del sistema economico e sociale. Questa transizione, pur comportando sfide complesse, offre anche l’opportunità di costruire un modello più resiliente, inclusivo e rispettoso dei limiti planetari. Forse una rilettura di Marx potrebbe ripartire da qui.