Interessante il rapporto IPC (Integrated Food Security Phase Classification) rilasciato il 16 Giugno da FRC (Famine Review Committee) a proposito dei livelli di approvvigionamento e disponibilità alimentare a Gaza. Sono 56 pagine. L’esordio è questo: “Dopo la pubblicazione del secondo rapporto dell’FRC il 18 marzo 2024, che prevedeva una carestia nello scenario più probabile, si sono verificati alcuni importanti sviluppi”. Quali sviluppi? Uno innanzitutto: non c’è stata la carestia che, a giudizio di quel Comitato, avrebbe dovuto verificarsi “in ogni momento da oggi (metà Marzo 2024) al Maggio del 2024”. A quell’altezza di tempo, secondo le indicazioni di FRC, si sarebbe trattato di 1.115.000 persone in stato di carestia a livello catastrofico (livello 5 IPC, il più alto), con circa 3.000 morti per fame ogni settimana.

Il rapporto di giugno, che analizza i dati e formula previsioni per il periodo successivo (sino a settembre) spiega che “le prove disponibili non indicano che si stia verificando una carestia” e che la somma di dati raccolti “non indica che le soglie di carestia sono state superate”. Significa che non ci sono problemi e pericoli di malnutrizione a Gaza? Ovviamente no. Ma difficoltà di approvvigionamento e di disponibilità alimentare in una zona di guerra sono una cosa: 3.000 morti per fame ogni settimana sono un’altra cosa. Facciamo un salto indietro, al 20 Maggio. Che cosa diceva il procuratore della Corte Penale Internazionale quando, quel giorno, comunicava di aver reclamato l’arresto di Netanyahu e del ministro Gallant? Diceva che gli indagati avevano usato la riduzione alla fame della popolazione come metodo di guerra e che “La carestia è presente in alcune aree di Gaza ed è imminente in altre”. Dunque il 20 Maggio il signor Karim Ahmad Khan chiedeva l’arresto di quei due accusandoli, tra l’altro, di aver provocato una carestia che non c’era allora e che non ci sarebbe stata poi.

Torniamo a quel rapporto IPC/FRC, in evidente imbarazzo con sé stesso. Abbiamo visto che non c’è stata la carestia che era prevista per marzo/maggio e che non c’era carestia a metà giugno. Bene. Il rapporto aggiunge tuttavia che “le soglie di carestia potrebbero essere superate in qualsiasi momento se l’accesso umanitario non fosse sostenuto e senza ostacoli per l’intera popolazione di Gaza e se il conflitto continuasse in qualsiasi forma”. E qui nuovamente qualcosa non torna. Perché il conflitto è continuato pressappoco nella stessa forma da mesi, senza produrre la carestia che si riteneva ininterrottamente imminente perché a Gaza entravano gli aiuti umanitari che Israele era accusato di non far entrare e che, evidentemente, al contrario, ha fatto entrare.
La “carestia” e lo “sterminio per fame” sono le balle più suadenti tra le tante balle sulla tremenda guerra di Gaza. Servono a tante cose, a riempire dossier farlocchi e a far titoli strepitosi: non a far star meglio la popolazione civile.