"La leggenda più leggenda"
La bufala di Maradona evasore: “Per il fisco era sloggiato e sconosciuto”
Diego Armando Maradona non era un evasore. Tutto una menzogna, una fake news. Oltre che uno dei punti più usati e abusati della biografia del Pibe de Oro nella retorica della narrazione del “lato oscuro”; dell’uomo che ha sbagliato, del peccato e della colpa dell’essere umano, diametralmente all’opposto del genio del calcio. Quella dell’evasore truffaldino, più che del campione mitico, è la leggenda più leggenda che riguarda Maradona, ha scritto oggi sul Foglio Luciano Capone. “Il campione è sempre stato innocente e lo avevamo provato”, ha detto anche il suo avvocato a Il Riformista. Angelo Pisani, esperto di diritto tributario, è stato al fianco del campione per molti anni e che si sarebbe definitivamente concluso il prossimo marzo 2021, momento in cui la Cassazione avrebbe espresso il verdetto definitivo.
Matteo Salvini è stato il primo a precipitarsi nel lutto dei social – dopo la notizia della morte, il 25 novembre – con un tweet di cordoglio. Lo stesso strumento che aveva usato anni fa per colpire: “MARADONA che prende in giro gli italiani. FAZIO che lo abbraccia. Sulla Televisione Pubblica. Pagati da noi. ITALIA PAESE DI M … A. Basta Rai, Indipendenza”. In quell’occasione, proprio nello studio su Rai1, il diez aveva simulato il gesto dell’ombrello. Destinatario: Equitalia. In aeroporto gli hanno sequestrato Rolex e orecchini. Luciano Capone su Il Foglio ha scritto: “Sebbene diverse sentenze tributarie arrivate in Cassazione abbiano stabilito che avesse un debito con l’erario di circa 40 milioni di euro (molti di più di quanti ne abbia guadagnati nei sette anni in Italia), la realtà è che Maradona era innocente. O meglio, era colpevole di non essere stato in grado di difendersi”.
La ricostruzione, dunque, che cita il libro scritto da Giuseppe Pedersoli e Luca Maurelli, L’oro del Pibe. La storia comincia nel 1989 quando due sindacalisti della Cgil presentano in procura un esposto contro lo stipendio di Maradona. Troppo elevato rispetto a quello di un normale lavoratore. Contenuto: “che scandalo”, praticamente. A causa della denuncia si apre un’indagine penale sui compensi pagati oltre allo stipendio per i diritti d’autore attraverso società con sede all’estero. I calciatori in questione sono i brasiliani Alemao e Careca, oltre a Diego Armando Maradona (società in Liechtenstein).
“L’ipotesi era che queste operazioni fossero un’’interposizione fittizia di persona’ per non pagare le tasse (i contributi la società e l’Irpef il calciatore). I giudici penali hanno escluso per tutti i calciatori – Maradona incluso – che quei corrispettivi fossero retribuzioni mascherate, ma in parallelo era partito un procedimento tributario che ha seguito la sua strada. Che però non ha mai incrociato quella di Maradona”. Il campione argentino fugge da Napoli l’1 aprile 1991, il giorno di Pasquetta, dopo la positività al test anti-doping. “L’accertamento tributario arriva alla casa in via Scipione Capece mesi dopo, il 29 ottobre, ma Maradona – si legge nella notifica risultava ‘sloggiato e sconosciuto’. Non essendone a conoscenza non ha potuto impugnare l’accertamento. Né, dopo le ‘assoluzioni’ di Careca, Alemao e del Napoli di Corrado Ferlaino (che hanno ottenuto l’annullamento delle pretese dell’erario, ndr) per lui è stato possibile fare ricorso perché i termini erano scaduti. Così il giudizio è diventato definitivo, insieme al marchio infame di ‘evasore’, che lo ha perseguitato per anni tenendolo lontano dall’Italia”.
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