L’attenzione per il continente africano resta centrale per i piani europei ed in particolar modo per i programmi italiani. Il governo guidato da Mario Draghi aveva inaugurato quella che era stata giornalisticamente definita come la “campagna d’Africa”, una serie di visite utili a creare una rete di contatti e rapporti che rilanciassero il ruolo italiano in Africa. Il governo di Giorgia Meloni ha proseguito su questa falsariga ed anche in una situazione internazionale difficile come quella che stiamo attraversando, il Presidente del Consiglio la scorsa settimana è volato in Mozambico ed in Congo. Energia, gestione flussi migratori, investimenti infrastrutturali, l’Africa conferma di avere un ruolo chiave per i nuovi equilibri geopolitici del pianeta. Ma sono le classi politiche africane che ancora una volta potrebbero deludere i loro cittadini.

L’Africa occidentale è stata travolta dai colpi di stato militare sia per la minaccia del terrorismo internazionale, ma anche per l’incapacità dei governanti di rispondere alle esigenze di popoli stanchi di essere governati da politici inadeguati. Gli ultimi due esempi di “cattiva politica” arrivano dal Mozambico e dal Senegal, due paesi ai due estremi del continente, uno affacciato sull’Oceano Atlantico e l’altro sull’Oceano Indiano, ma accumunati da situazioni politico-amministrative fortemente carenti. In Mozambico si sono tenute quelle che possono essere definite come delle elezioni farsa. Il Frelimo (Fronte di Liberazione del Mozambico) partito al potere del presidente Filipe Nyusi, ha cambiato i risultati in tutte le principali città mozambicane capovolgendo il verdetto delle urne. Si trattava di elezioni amministrative nella capitale Maputo e in tutti i grandi centri del paese dove i grandi oppositori della Renamo (Resistenza Nazionale Mozambicana), a detta degli osservatori, sarebbero usciti vincitori ovunque. La commissioni elettorali locali hanno rovesciato i verdetti ed il partito di governo si è dichiarato vincitore. I risultati ufficiali saranno pubblicati nei prossimi giorni, ma le piazze si stanno già infiammando e l’opposizione ha avuto diversi scontri con le forze dell’ordine.

L’altro paese che vede con difficoltà una sua crescita democratica è il Senegal, paese fondamentale per la stabilità dell’Africa occidentale. A Dakar il presidente Macky Sall ha rinunciato a forzare la costituzione e presentarsi per un terzo mandato, ma il suo più temibile avversario Ousmane Sonko è stato arrestato e dichiarato non candidabile alle elezioni presidenziali del prossimo anno. La scorsa settimana un tribunale amministrativo ha annullato la radiazione di Sonko dalle liste elettorali, ordinandone la reintegrazione. Questo atto viene dal tribunale della città di Ziguinchor, dove Sonko è sindaco, ed il giudice è il fratello di uno dei suoi assistenti e farebbe dubitare dell’indipendenza del giudizio. Il governo senegalese, sempre deciso ad eliminare il pericoloso Sonko dalla corsa elettorale che probabilmente lo vedrebbe vincitore, ha subito annunciato ricorso e questa volta a Dakar affidandosi ad una corte più vicina alle idee governative. Un percorso ad ostacoli quello verso la democrazia del continente africano che indirettamente coinvolge anche i partner europei e asiatici che sono in Africa e vorrebbero restarci.

Avatar photo

Matteo Giusti, giornalista professionista, africanista e scrittore, collabora con Limes, Domino, Panorama, Il Manifesto, Il Corriere del Ticino e la Rai. Ha maturato una grande conoscenza del continente africano che ha visitato ed analizzato molte volte, anche grazie a contatti con la popolazione locale. Ha pubblicato nel 2021 il libro L’Omicidio Attanasio, morte di una ambasciatore e nel 2022 La Loro Africa, le nuove potenze contro la vecchia Europa entrambi editi da Castelvecchi