C’è chi parla di almeno 23 vittime, chi fa salire il bilancio provvisorio a 37, chi ancora arriva a 49, compresi quattro poliziotti. E’ la conta, destinata ad aumentare, dell’ultima strage di migranti africani, uccisi di botte o addirittura schiacciati mentre tentavano di entrare nell’enclave spagnola di Melilla in Marocco. Alcuni testimoni dell’assalto alla recinzione di Melilla hanno riferito che “tutto era sangue, pelle strappata, piedi rotti, mani rotte...”.
Venerdì scorso, 24 giugno, quasi duemila migranti sono arrivati alla frontiera di Melilla e almeno 500 sarebbero riusciti a superare il posto di blocco della polizia, entrando nel territorio spagnolo. Per gli altri è stata carneficina: negli scontri con gli agenti, sia spagnoli che marocchini, sono decine le vittime e centinaia i feriti. Le immagini diffuse dalla Moroccan Association for Human Rights (AMDH) sono inequivocabili e mostrano scene raccapriccianti con persone ammassate per terra sotto la sorveglianza di guardie marocchine, alcune inermi e probabilmente già cadaveri, altre colpite gratuitamente con calci e bastonate. Le immagini trasmesse mostrano una reazione sproporzionata da parte della polizia marocchina. I migranti arrestati sono stati ammucchiati a terra uno sopra l’altro.
Secondo un bilancio delle autorità marocchine, i morti sono almeno 18. I feriti tra i migranti sarebbero 63 mentre tra gli agenti oltre 140. Diverse Ong sostengono che le vittime siano in realtà molte di più: almeno 37, secondo la nota attivista spagnola Helena Maleno, portavoce di Caminando Fronteras.
Per il premier spagnolo Pedro Sánchez a Melilla è andato in scena “un assalto violento e organizzato”, un “attacco all’integrità territoriale” della Spagna, dietro al quale ci sarebbero “mafie che trafficano con esseri umani”. Un argomento condiviso anche da Rni, il partito del capo del governo marocchino Aziz Ajanuch.
Sanchez ha anche rivendicato “lo straordinario lavoro” degli agenti spagnoli impegnati sul confine con il Marocco, ricordando che “la Gendarmeria marocchina ha collaborato per respingere questo assalto cosi’ violento”. L’Algeria ha invece condannato fermamente quella che ha definito una “carneficina di migranti a Melilla“, di cui il Marocco è responsabile, chiedendo l’apertura di un’indagine indipendente. Per Ammar Bellani, inviato speciale del Ministero degli Esteri algerino per il Maghreb e il Sahara occidentale, “le immagini di questa carneficina sono estremamente scioccanti”, esse “forniscono informazioni sull’estrema brutalità e sull’uso sproporzionato della forza che sono simili, date le circostanze, a vere e proprie esecuzioni sommarie”.
“Gli organismi internazionali e in particolare l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati devono condurre indagini indipendenti e trasparenti per determinare le responsabilità e fare luce su questi tragici eventi”, ha concluso Bellani.
Gli incidenti sono iniziati venerdì quando oltre 1500 persone, alcune delle quali con bastoni e zaini pieni di sassi, si sono avvicinate a Melilla, dove sono riuscite a sfondare con una cesoia le porte chiuse del valico di frontiera per entrare a frotte lungo il pendio che scende verso il versante spagnolo e dove sono rimaste intrappolate, circondato da una manovra a tenaglia delle forze marocchine schierate alle loro spalle.
Organizzazioni come la Missione diocesana per la migrazione (gesuiti) e l’Associazione marocchina per i diritti umani hanno denunciato che, per tutto venerdì, è stato vietato l’accesso all’ospedale Hassani di Nador (a circa 15 chilometri dal confine), dove sono stati trasferiti morti e feriti. Nel pomeriggio, e fino al tramonto, le forze di sicurezza marocchine hanno tenuto chiuso l’ingresso di Chinatown vicino al confine. Almeno 15 autobus erano stati sistemati lì, dove decine di detenuti erano rimasti bloccati per tutto il giorno.