La ‘carta Mandragora’ inguaia la Juventus, si apre un nuovo fronte giudiziario: nel mirino i rapporti con altri club

Da Ronaldo a Rolando. Non è un errore di battitura, ma la nuova preoccupazione in casa Juventus nell’ambito dell’inchiesta Prisma sulle presunte false plusvalenze messe in porto dal club di Torino.

Un nuovo sviluppo investigativo della Procura, di cui dà conto oggi Repubblica, porta infatti al nome di Rolando Mandragora, oggi centrocampista della Fiorentina e in passato di proprietà del club della famiglia Elkann-Agnelli.

Il sospetto dei magistrati inquirenti è che nel mare magnum di (presunti) illeciti commessi dall’ex dirigenza bianconera, con i vertici accusati di falso in bilancio e false comunicazioni al mercato, vi sia anche la gestione del cartellino del giocatore ora in forza alla Fiorentina.

L’indagine al momento è già chiusa, ma proprio i nuovi elementi trovati su Mandragora potrebbero portare a contestazioni suppletive al momento del processo nei confronti dell’ex presidente Andrea Agnelli, del suo vice Pavel Nedved e dell’ex direttore sportivo Fabio Paratici, con l’udienza preliminare fissata al prossimo 27 marzo.

La ‘girandola’ Mandragora

Le nuove carte che inguaierebbero il club di Torino risalgono in principio al 10 luglio 2020, scrive Repubblica. Si tratta di una mail a firma Claudio Chiellini, dirigente della Juventus e fratello dell’ex capitano Giorgio, in cui riporta i debiti con le altre società, arrivando a battere un conto finale di “30 milioni più agenti“.

Scavando più a fondo, i pm titolari dell’inchiesta Marco Gianoglio, Mario Bendoni e Ciro Santorello approfondiscono il rapporto tra Juventus e Udinese ed in particolare le modalità con cui venne scambiato il cartellino di Mandragora. Il centrocampista a luglio 2018, dopo due anni alla Juve in cui però viene costantemente girato in prestito ad altri club, era stato acquistato per 20 milioni dall’Udinese, fruttando una plusvalenza di 13,7 milioni. Il 23 giugno il calciatore si era infortunato a un ginocchio, e il 3 ottobre era stato ricomprato a un prezzo di 10 milioni più 6 di bonus dalla Juve, che lo aveva lasciato però in prestito al club friulano. Per riprenderlo la Juventus aveva esercitato poi un’opzione di riacquisto, la “recompra“, norma che permette di inserire a bilancio la plusvalenza.

Per la Procura il club di Torino parallelamente al contratto depositato in Lega in cui si parlava di “facoltà” di riacquisto, avrebbe sottoscritto un secondo accordo segreto con “obbligo” di “recompra”. Operazione che avrebbe permesso alla società bianconera di iscrivere nel bilancio 2019 la plusvalenza e di non iscrivere il debito di 26 milioni.

Per indagare a fondo sulla vicenda i pm hanno ascoltato come testimoni lo stesso Rolando Mandragora, il padre, suo agente, ma anche il vicepresidente dell’Udinese Stefano Campoccia. In cerca di ulteriori notizie i magistrati hanno ascoltato anche Maurizio Lombardo, dirigente della Roma che, nel passato alla Juventus, si era occupato dei contratti di cessione dei calciatori.