Bastava aspettare. E il primo siluro nei confronti di Marta Cartabia è arrivato. Il sindacato delle toghe, che sa tirar fuori le unghie quando si tratta di difendere la corporazione, le ha mandato a dire che senza vaccino a giudici e pubblici ministeri sarà difficile poter celebrare i processi. Anzi, sarà bene rallentarli e non escludere «la sospensione dell’attività giudiziaria non urgente». Un preciso segnale alla nuova ministra e al nuovo corso sulla giustizia. Che merita subito le proteste dei cittadini che invadono i social, e anche una tirata d’orecchi del presidente emerito della Consulta Sabino Cassese: «Gli autisti degli autobus, i conduttori dei treni e tante altre categorie di dipendenti pubblici e privati che continuano a lavorare, nonostante la pandemia, non hanno neppure pensato di sospendere il loro lavoro».

I magistrati si, hanno pensato anche a una sorta di serrata. Quasi fossero imprenditori che stanno per fallire (tanti, purtroppo), i quali peraltro chiedono di lavorare, non di vaccinarsi in via prioritaria. Ma la categoria delle toghe si è sempre sentita un po’ privilegiata. Come non ricordare, e sembra un secolo fa, quel che successe quando il presidente del consiglio Matteo Renzi, quando era ancora forcaiolo e cacciava Berlusconi dal Senato dopo aver detto “game over”, osò proporre la riduzione delle ferie dei magistrati? E quanto mal gliene incolse nei tempi successivi, per aver spavaldamente affermato “brr che paura”, mentre le toghe minacciavano scioperi e serrate? È finita che le loro ferie sono rimaste belle lunghe e Renzi è stato costretto a diventare garantista.

L’Anm ha colpito il governo e la ministra Cartabia con un documento, a quanto pare approvato all’unanimità, che lascia poco spazio alle mediazioni. E nonostante che la ministra, che in politica è alle prime armi pur non essendo certo una sempliciotta né un’ingenua, avesse convocato pochi giorni fa i vertici del sindacato dei magistrati per concordare le nuove linee del Piano vaccinazioni, su cui pareva ci fosse accordo su un principio fondamentale. E cioè che finalmente in tutta Italia si comincerà a fare quel che sarebbe stato doveroso da subito: dare priorità solo a due categorie di persone, chi ha più di 80 anni e chi è considerato fragile a causa di gravi patologie croniche. Non si sa se sia vero, come dice qualcuno, che il documento-siluro nei confronti della guardasigilli fosse pronto da tempo e che quindi l’incontro in via Arenula sia stato pura formalità, e la presenza dei rappresentanti delle toghe quasi un contentino, un gesto di buona educazione.

Oppure se ci sia stata una rivolta della base alla notizia che la categoria non avrebbe avuto nessuna corsia preferenziale per ricevere l’agognato vaccino. Fatto sta che proprio quella dei magistrati è apparsa come la corporazione più agguerrita nel difendere i propri diritti. In buona compagnia peraltro, con i professori universitari (i più sfacciati di tutti, visto che gli atenei sono chiusi), gli avvocati, i giornalisti. Sirene che in un primo momento avevano ammaliato i vertici di qualche Regione. Fino a quando non è intervenuto il governo, quando ci si è resi conto che per esempio in Toscana veniva offerto il vaccino alle categorie professionali molto più che agli anziani, i quali in tutta Italia continuano a morire al livello di 4-500 al giorno. Il primo a capire il clima che si crea se vengono toccati i magistrati, è stato proprio il presidente Mario Draghi. Il quale, fin da domenica sera, si è affrettato a tranquillizzare le toghe assicurando che comunque fino alla fine di luglio la giustizia sarà mantenuta in clima emergenziale, cioè con l’uso di quei processi telematici che non piacciono agli avvocati perché mettono in seria discussione i diritti degli imputati.

Ma non è stato sufficiente, perché nel programma del governo non ci sono i vaccini per i magistrati. E loro lo hanno scritto con chiarezza nel loro documento, anche se nella giornata di ieri, dopo esser stato sommerso da una valanga di critiche, il presidente di Anm, Santalucia, ha ridimensionato toni e contenuti. E ha fatto bene. La fiducia dei cittadini nella giustizia è in caduta libera. Ma le parole scritte nero su bianco restano. È inutile girarci intorno. I magistrati sono prima di tutto offesi. Dopo aver constatato che il nuovo Piano strategico vaccinale «…non prevede più tra i gruppi target di popolazione cui offrire il vaccino in via prioritaria, i lavoratori del comparto giustizia», lamentano il fatto che «il governo considera il servizio giustizia con carattere di minore priorità rispetto ad altri servizi essenziali già sottoposti a vaccinazione». Ma qui non stiamo parlando di “servizi”, ma di persone. Il vaccino protegge la vita degli individui, e dare la precedenza a coloro che sono anziani o già malati, serve a non farli morire e anche ad aiutare tutti gli altri, lasciando posti liberi in ospedale. È così difficile da capire, per i magistrati così come per tutti gli altri professionisti che stanno sgomitando per superare la fila?

Qualcuno che ha capito c’è, come il procuratore capo di Milano Francesco Greco, che ha subito preso le distanze dal documento del sindacato. Ma altri, come l’ex presidente dell’Anm Luca Poniz, insistono, definendo “inutile e volgare” qualunque polemica nei confronti delle pretese delle toghe, e dicendo cose un po’ strane, come il fatto che «i magistrati sono l’unica categoria che in caso di malattia non può essere sostituita». Anche il pm? Sicuro, dottor Poniz? A noi non pare proprio. Abbiate allora il coraggio di dire che anche voi non siete invincibili e che, come tutti noi cittadini normali, avete paura. Ma piantatela di dire “lei non sa chi sono io”. Sotto la toga non ci sono eroi. Anzi.

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.