Lavoro
La Cgil di Landini e il paradosso del licenziamento facile. Ora anche ai sindacalisti serve un vero sindacato
Sembra tirare aria di burrasca, sul Landinismo. E forse sarebbe ora di dare seguito a quanto previsto dalla Costituzione: ci vuole una legge quadro sulle prerogative del sindacato, una norma che stabilisca la regola della trasparenza nelle spese delle contribuzioni dei lavoratori
Quello che sembrava un muro di gomma, inizia a sgretolarsi. La cortina delle complicità viene meno intorno al leader della CGIL, Maurizio Landini. Le nuove regole statutarie, l’allontamento delle figure non fidelizzate, il divieto di divulgazione delle riunioni sui social network erano l’antipasto. La blindatura di Futura, la piattaforma di comunicazione interna architettata dall’amico Gianni Prandi, il piatto forte. E come digestivo, i due milioni e settecentomila euro messi dagli iscritti nelle casse di Corso Italia per la Comunicazione. Tutte tappe che a molti non sono andate giù. La “Landinizzazione” non convince. E non solo qualche funzionario tagliato fuori dal quadrato magico. No. Ecco cosa scrive Gaetano Sateriale, ex membro della Segreteria nazionale Fiom e già Sindaco di Ferrara: “Mettendo da parte ogni strumentalizzazione polemica di destra (e di centro) che la Cgil non merita, ho letto i giornali e mi chiedo: ma se quando facevo il sindacalista in fabbrica un padrone mi avesse detto “Abbiamo licenziato il tornitore Mario Rossi a due anni dalla pensione perché abbiamo deciso di fare senza tornio’, io cosa avrei risposto? “Certo, capisco…”? Non credo proprio.. I tempi sono evidentemente cambiati”. Sdeng.
La badilata arriva dritta sulla nuova gestione di Corso Italia. Mentre al Riformista continuano ad arrivare, una dopo l’altra, segnalazioni e notizie. Non esiste solo il caso di Massimo Gibelli. Presunti casi di mobbing, demansionamenti, lamentati licenziamenti in tronco: tutto quello che Landini ogni giorno denuncia come effetto del “Jobs Act” nel mondo delle imprese, eccolo riprodotto tale e quale in molte segnalazioni all’interno delle segrete stanze del sindacato rosso. Servirebbe un sindacato per i sindacalisti. Per la verità ci sarebbe la Filcams per i dipendenti Cgil, ma una delle nostre fonti la descrive come un “porto delle nebbie”. Un esposto inviato come urgente per un caso di vessazione ai danni di un dipendente siciliano non avrebbe mai trovato risposta dalla direzione Filcams di Roma. A Palermo sta andando avanti, seppur a rilento, la causa di lavoro intentata da Enza Renna. La donna, che per 35 anni è stata dipendente, ed infine dirigente della Camera del lavoro del capoluogo siciliano, è affetta da una malattia che la costringe a curarsi.
Il segretario generale della Cgil di Palermo, Mario Ridulfo, le ha comunicato il licenziamento lo scorso 14 ottobre. Un provvedimento insindacabile. Che invece l’avvocato Alessandro Duca ha impugnato informando anche la Cgil nazionale e regionale. Il legale parla di “atto finale di una serie di comportamenti intimidatori, ritorsivi e persecutori messi in atto da Ridulfo nei confronti di Renna sin dalla sua elezione avvenuta nel mese di novembre 2019”. La causa di lavoro non deve essere stata adeguatamente segnalata come urgente: pur avendo fatto ricorso al giudice del lavoro con la L.466, che prevede un tempo massimo di cinque mesi per la sua conclusione, il giudice ha fissato la prossima udienza al giugno 2024. Se un datore di lavoro licenzia su due piedi una dirigente, donna, per di più malata, si immagina che il sindacato sia dalla sua parte. Invece no: la CGIL è il datore che licenzia. Anche in questo caso su due piedi e senza motivazione.
Antonella Granello, altra donna licenziata su due piedi dalla Cgil di Trapani, sta pensando anche di promuovere una rete, un coordinamento di sindacalisti licenziati dal sindacato. Un gruppo di lavoratori di ogni parte d’Italia, uomini e donne, padri e madri di famiglia che Landini e i suoi hanno messo in mezzo a una strada senza troppe remore. A Reggio Calabria, altra storia di cui ci occuperemo. E se su Facebook si riorganizza una pagina, aperta nel 2015, dal nome eloquente “Licenziati dalla CGIL” (2500 iscritti attivi) in rete circola anche un documento di donne CGIL indignate per il caso Carnoso. La dirigente dei bancari Fisac venne messa alla porta senza tanti complimenti. “Piena solidarietà a Francesca Carnoso, compagna della Fisac CGIL, rimossa dal suo precedente incarico nazionale, privata di ogni agibilità sindacale nel cambio tra un segretario generale e l’altro e ora «sotto processo» in commissione di garanzia”, firmatarie Eliana Como, Maria Falcitelli, Cinzia Colaprico, Loretta Sabbatini, Aurora Bulla, Alda Colombera, Pierina Trivero, Francesca Paoloni, Patrizia Tardivello, Vilma Gidaro, Isabella Liguori, Maura Verra, Samira Giulitti, Emidia Morzenti, Monica Tassi, Wilma Perez, Elisa Gobbi, Anna Della Ragione, Samanta Zaccagni, Giulia Siringo, Rossana Aluigi, Anna Trono, Sandra Pellizzon, Alessandra Cigna, Maria Grazia Taddeo, Antonella Stasi, Ada Cestaro.
Sembra tirare aria di burrasca, sul Landinismo. E forse sarebbe ora di dare seguito a quanto previsto dalla Costituzione: ci vuole una legge quadro sulle prerogative del sindacato, una norma che stabilisca la regola della trasparenza nelle spese delle contribuzioni dei lavoratori. E magari un po’ di coerenza che porti ad esempio chi vuole promuovere un referendum sul Jobs Act a spiegare perché licenzia così facilmente i suoi dipendenti.
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