La Cina fa solo marketing, Italia non fidarti

La Cina colpisce sotto la cintura. Quattro pagine di propaganda: uno Speciale economico della Cina, una sorta di manifesto politico sotto forma di “Informazione promozionale” è apparso con grande visibilità il giorno di Pasqua sul quotidiano economico finanziario più famoso d’Italia. I cinesi nuovamente all’attacco. È il solito paradosso: gli imprenditori, gli artigiani, i professionisti, il “popolo delle partite iva”, loro (e noi) siamo tutti esausti e preoccupati perché un nefasto virus cinese mal gestito dal prepotente regime di Pechino sta falciando vite e speranze. La silenziosa presenza di Pechino è invadente: ora acquistano pagine a pagamento per diffondere il loro verbo, la loro falsa verità. Utilizzano i quotidiani economici per raggiungere un target sensibile a certi argomenti.

È noto come lo stimato gruppo ClassEditori (pubblica anche ItaliaOggi e MilanoFinanza) vanti ottimi rapporti con società editoriali cinesi, anche attraverso partecipazioni. L’anno scorso Shen Haixiong, presidente di China Media Group, si è incontrato a Milano con i vertici del gruppo editoriale milanese, il comunicato congiunto è rassicurante: «Il rapporto con China Media Group rafforza ulteriormente la presenza e le partnership di Class Editori con i gruppi della Cina». La China Media Group è di proprietà dello Stato cinese, controlla anche la televisione pubblica (China Central Television) e la radio (China National Radio). Se in Italia la propaganda cinese, anche se a pagamento, sembra avere un certo effetto e successo, all’estero non miete tanti consensi.

Proprio in questi giorni, solo per citarne alcuni, il Sunday Times, il Wall Street Journal, l’emittente televisiva CNN criticano fortemente la gestione cinese della pandemia. Invece dalle nostre parti sembra filare tutto liscio. Ancora una volta si sottolinea come attraverso i buoni uffici del Ministro Di Maio in Europa siamo l’avanguardia del Paese del Dragone. Tristemente l’agognata Nuova Via della Seta è stata sostituita dalla “Via della Seta della Salute”. Rammarica leggere un articolo confezionato dal Partito comunista cinese intitolato: Xi Jinping in prima linea accanto al Popolo cinese nella lotta contro il coronavirus.

Non sarebbe sufficiente un’intera pagina per elencare gli articoli, gli studi che, con il passare del tempo, condannano la dolosa mala gestione del virus in Cina. Per non parlare della severa censura di Pechino che si sta abbattendo contro chi cerca con coraggio di far sapere cosa veramente è accaduto a Wuhan e nella regione dell’Hubei e dintorni da ottobre dell’anno scorso ad oggi. Giornalisti che scompaiono, miliardari non allineati arrestati (Ren Zhiqiang), scrittrici infangate (Fanf Fang, il cui libro Wuhan diary verrà pubblicato prima in Inghilterra poi in Germania). Il modello autoritario di governance della Cina non è compatibile con le esigenze di libertà, diritti civili e libera espressione di uno democratico.

La loro pubblicità a pagamento è truccata, adulterata. Se analizziamo la “Via della Seta della Salute” scopriamo degli aspetti terribili. Siamo sotto scacco, potremmo rischiare l’“embargo medico”. Significa che l’Italia, l’Europa, gli Stati Uniti e tanti altri Paesi sono tutti vulnerabili, siamo oggi dolorosamente consapevoli come paradossalmente in questi tragici momenti dipendiamo quasi unicamente dalle forniture cinesi. Perché le mascherine, i farmaci e altre forniture mediche utilizzate da infermieri e medici sono prodotte in Cina.

Il fornitore è unico, monopolista. Così facendo l’Occidente ha dolosamente trasferito buona parte della sua sicurezza nazionale a Pechino. Ciò avrà un costo che dovremo presto pagare. Perché i cinesi sono bravi, come già scritto su queste colonne, l’invio di una manciata di personale sanitario in Italia ha fortemente influenzato il sentimento dell’opinione pubblica italiana. Un sondaggio della SWG dimostra come si sia impennato il feeling degli italiani verso i cinesi dopo l’invio di materiale e sanitari. L’agenzia Xinhua riporta come le esportazioni di materiale sanitario dalla Cina fino ad ora valgono 1,43 miliardi di dollari. La strategia cinese è formidabile.

Sappiamo che prestissimo gli uomini di Pechino torneranno alla carica per cercare di farci adottare il sistema 5G della Huawei. Troveranno terreno più fertile perché popolo, stampa e politici (il pensiero è in special modo rivolto allo sparuto club dei Cinque Stelle) sono ora meglio disposti. Strabilianti le conseguenze della diffusione del Coronavirus: la necessità di importare materiale sanitario ha sgretolato buona parte della nostra sicurezza nazionale, si è formato un sentimento nazionale ben orientato nei confronti di Pechino, la nostra economia è facilmente attaccabile, le nostre imprese piegate dagli eventi, i lavoratori e le famiglie disorientate e preoccupate. Chissà se il Governo invece di lisciare il pelo a Pechino incomincerà a porsi qualche domanda. Magari facendo osservare il diritto internazionale chiedendo alla Cina, come già più volte scritto, un legittimo risarcimento.