Ambiente
La Cop29 non può essere un fallimento. I temi prioritari per una transizione giusta
Che il cambiamento climatico sia in atto è un fatto scientificamente provato, e che ci sia una componente di impatto antropico – minimo o massimo che sia, a seconda delle tesi – lo è altrettanto. Ma se pure fosse minimo è certo che da parte dell’uomo, ospite su questo pianeta da soli trecentomila anni, sia doveroso un impegno per la riduzione degli effetti climalteranti.
Eppure il mondo ha sempre più bisogno di energia, con una popolazione che raggiungerà gli 8,5 miliardi entro il 2030, e che ha il diritto e la voglia di emanciparsi da condizioni di svantaggio. Avere più energia significa infatti avere meno povertà e più ricchezza condivisa, più occupazione e meno esclusi, più innovazione e condizioni di vita oggettivamente migliori. Allo stesso tempo il cambiamento climatico non solo ha effetti negativi a causa delle calamità naturali, ma ha conseguenze che intaccano visibilmente la pace e la sicurezza dei popoli. La scarsità di acqua e di risorse primarie, senza voler arrivare alla gestione delle terre rare, determina tensioni, migrazioni e guerre, che impattano globalmente sul piano sociale ed economico.
Non mi aggiungerò allora alla schiera di pessimisti che ancor prima dell’inizio della Cop29 ne avevano già decretato il fallimento, perché se lo pensiamo lo diventerà. Questa Cop è invece un’opportunità unica per affermare una serie di princìpi fondamentali, e sarà palcoscenico privilegiato per chi vorrà coglierla. Prima tra tutte c’è la necessità di riconoscere l’energia come settore strategico, per consentire un’osservazione che sia sulle policy e non sulle politics. Serve un approccio di neutralità tecnologica, senza pregiudizi e veti ideologici che – considerate le contingenze – non sono più ammissibili.
Il secondo punto utile consiste nell’assumere politiche energetiche che non siano frutto di trend, ma opzioni scelte sulla stabilità dei dati e delle previsioni scientifiche. La recente e altalenante legislazione europea è un esempio – purtroppo – di come investire su una sola tecnologia, e spingere il mercato a inseguire la norma, possa portare a crisi dalle quali risulta difficile riprendersi.
Allora un mix energetico quanto più vasto possibile che includa un aumento delle fonti rinnovabili e un progressivo abbandono delle fossili; una neutralità tecnologica che non sia aprioristicamente escludente verso alcune tecnologie; una collaborazione tra mondo pubblico e finanze private, perché questo passaggio possa trovare le risorse necessarie e amplificare le sue opportunità di vantaggio. Sono questi alcuni dei temi prioritari che, per chi avrà il coraggio di farli propri, porteranno all’opportunità di una leadership globale, ma soprattutto alla costruzione di una transizione giusta. E questa Cop, nata sotto i peggiori auspici, può stimolare un importante moto d’orgoglio, come quelli che arrivano quando si tocca il fondo. We can make it.
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