Il caso al Csm
“La corruzione usata come scusa per spiare le trame di Palamara”, la difesa smonta l’inchiesta
Ma quale corruzione: l’indagine di Perugia a carico di Luca Palamara aveva lo scopo di conoscere come avvenivano le nomine da parte del Consiglio superiore della magistratura. È quanto ha rivelato ieri l’avvocato romano Luigi Panella, difensore di Cosimo Ferri, discutendo le eccezioni preliminari davanti alla Sezione disciplinare del Csm.
Ferri, storico leader della corrente di destra delle toghe Magistratura indipendente e ora deputato di Italia viva, è accusato dalla Procura generale della Cassazione diretta da Giovanni Salvi di aver tenuto un comportamento “gravemente scorretto” nei confronti dei colleghi che concorrevano per il posto di procuratore di Roma e dei consiglieri di Palazzo dei Marescialli, al fine di «condizionare le funzioni attribuite dalla Costituzione all’organo di governo autonomo della magistratura». L’intervento di Panella, durato circa tre ore, ha lasciato “sgomento” l’avvocato generale della Cassazione Pietro Gaeta, il quale ha chiesto al collegio un paio di settimane prima di per poter replicare.
Il procedimento disciplinare nei confronti di Ferri si basa sulle famigerate intercettazioni effettuate tramite il trojan inserito nel cellulare di Palamara. Oggetto di contestazione sono i dialoghi tra Ferri, Palamara, il deputato Luca Lotti (Pd) e cinque consiglieri del Csm la sera dell’8 maggio 2019 all’hotel Champagne di Roma. Panella nella sua ricostruzione ha sollevato molte perplessità sul modo in cui sono state condotte le indagini da parte del Gico della finanza. L’ex zar delle nomine era stato sottoposto a marzo del 2019 a intercettazioni dalla Procura di Perugia in quanto accusato di episodi di corruzione, l’ultimo commesso nel 2016. «Perché intercettare Palamara per fatti commessi tre anni prima?», afferma Panella, e poi «perché solo il suo telefono venne intercettato con il trojan e non quelli dei corruttori?».
Circostanza curiosa, dal momento che nel reato di corruzione, reato a concorso necessario, la presenza di almeno due soggetti, il corrotto e il corruttore, rappresenta l’imprescindibile elemento costitutivo dell’ipotesi delittuosa.
L’avvocato di Ferri azzarda una risposta: gli inquirenti erano interessati a conoscere i “rapporti fra Ferri e Palamara”. In quel periodo la corrente centrista di Unicost, rappresentata da Palamara, aveva stretto una alleanza con la destra giudiziaria, tradendo il rapporto con la sinistra togata. Circostanza raccontata nel libro Il Sistema. Una alleanza che aveva portato a molte nomine importanti e si preparava al voto per il procuratore di Roma. Panella ha smontato la vulgata della “casualità” degli ascolti, ricordando la presenza di verbali di pedinamenti nel fascicolo a carico di Ferri. Per mesi, quindi, i finanzieri hanno monitorato, in maniera illegittima, la vita di un parlamentare. Tutte le conversazioni fra i due sono classificate “importanti” e sono trascritte, pur sapendo gli investigatori che Ferri era un deputato.
Un monitoraggio tipo “Grande fratello” che ha coinvolto anche il figlio minorenne di Ferri, oggetto di accertamenti alla super banca dati della finanza “Serpico”. Nell’indagine a carico di Palamara il nome di Ferri compare ben 374 volte. Difficile dire, dunque, che non fosse oggetto delle attenzioni degli inquirenti. Un paragrafo dell’informativa, aggiunge Panella, è dedicato proprio alle conversazioni prive di rilevanza penale di Ferri. Ma non solo. In un procedimento che Panella non si stanca di ricordare essere per corruzione, le conversazioni fra Palamara e Ferri sono utilizzate addirittura per giustificare la proroga delle intercettazioni.
Dal cilindro l’avvocato tira fuori una informativa della finanza dell’11 marzo del 2019 con dei segni a margine: sono evidenziate le conversazioni dove Palamara parla della nomina del procuratore di Perugia. Una “prova” che i pm di Perugia sarebbero stati interessati a conoscere chi sarebbe diventato da lì a poco il loro prossimo capo (il procuratore Luigi De Ficchy andrà in pensione il primo giugno 2019, ndr). In questo corto circuito senza precedenti, Panella ha chiesto una perizia sull’utilizzo del trojan, essendo evidente che non ci si possa più fidare delle ricostruzioni della guardia di finanza che hanno tratto in errore addirittura le Sezioni unite della Cassazione. Per Panella, infine, la cena fra Palamara e Pignatone della sera successiva all’incontro all’hotel Champagne sarebbe stata registrata essendo risultati vani i tentativi del maresciallo Gianluca Orrea di “sprogrammare” la mattina del 9 maggio la programmazione trojan effettuata dal collega Roberto D’Acunto.
Una responsabilità “storica” affidata al collegio presieduto da Filippo Donati (M5s). Panella ha chiesto il proscioglimento in base alla recente giurisprudenza europea che vieta l’utilizzo delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli penali. La Procura generale ha depositato, “per essere trasparente”, i file audio delle intercettazioni. Deposito che non era avvenuto nel procedimento disciplinare a carico di Palamara lo scorso anno. Ieri, infine, è stato il turno di Raffaele Cantone. Davanti alla prima Commissione del Csm il procuratore di Perugia ha illustrato la bontà dell’indagine svolta dal suo ufficio. Era stato proprio Cantone nei giorni scorsi a chiedere l’apertura di una pratica a tutela.
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