Crisi che si è inasprita con il massacro del 7 ottobre
La crisi di identità dell’Onu, ormai priva del suo ruolo di parte terza
La lunga e interminabile notte delle Nazioni Unite sembra oramai irreversibile. Una crisi identitaria che mai come in questa fase storica mostra il vuoto lasciato da un’istituzione nata allo scopo di prevenire e sintetizzare ogni lesione prima che potesse sfociare in guerra guerreggiata con le inevitabili conseguenze che tutti ben conosciamo.
Neanche negli anni della lotta globale al “terrorismo” dichiarata dagli Stati Uniti dopo l’11 settembre l’Onu perse la sua funzione terza, sorta negli equilibri post-bellici del Secondo conflitto mondiale e palcoscenico primigenio di confronto tra i vincitori di allora e nemici negli anni della “Guerra Fredda”. Se allora l’Onu riuscì a ricoprire un ruolo di mediazione, da anni ormai sembra svanita ogni sua iniziativa. Crisi che si è inasprita con il massacro del 7 ottobre e l’emergere di alcune lacune interne alle Nazioni Unite, e comportamenti ai limiti della contiguità tra funzionari dell’Onu e figure vicine ad Hamas. Questione denunciata da Israele a più riprese, soprattutto all’indomani dell’invasione di Gaza.
Su Gaza e sul conflitto tra Israele e Hamas, l’Onu ha giocato una partita poco consona alla sua terzietà e le stesse dichiarazioni di Guterres nei giorni e nelle settimane successive hanno fatto spesso rimpiangere Kofi Annan e Ban Ki-moon. La tensione tra Israele e Onu ha mantenuto una costante crescita culminata nell’intervento all’Assemblea Generale di Benjamin Netanyahu con molte delegazioni che hanno abbandonato l’aula e Netanyahu che ha seguitato a parlare senza lasciarsi né influenzare né intimidire dal gesto dalla portata eclatante. Netanyahu ha usato parole dure rivolte all’Onu, chiamandone le gerarchie direttamente in causa. Netanyahu ha ricordato come negli ultimi “dieci anni, all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, sono state approvate più risoluzioni contro Israele che contro il mondo intero messo insieme”.
Sono ben 174 le “condanne” emesse contro lo Stato ebraico, a fronte delle 73 che hanno interessato altre Nazioni. Certo ha su questo influito non poco il peso dei nemici storici di Israele, e non sono pochi nonostante gli “accordi di Abramo” le altre operazioni ufficiose della diplomazia di Tel Aviv coi suoi vicini. Atteggiamento di accondiscendenza verso posizioni antisemite che secondo Netanyahu porta a un trattamento differenziale verso lo Stato ebraico.
Al di là delle recriminazioni di Israele e delle denunce opposte dell’Autorità Nazionale Palestinese, dei paesi arabi, quello che si avverte è il vuoto lasciato da un’istituzione che attraversa un’enorme parabola discendente in cui sembra che l’unica ragione che ne giustifica l’esistenza sia il confronto serrato nel Consiglio di Sicurezza, dove sono le potenze a dettare l’agenda a parlarsi e esprimere con un voto intenzioni e atteggiamenti futuri. La decisione del Ministro degli Esteri Israel Katz di dichiarare “persona indesiderata” Guterres è l’epilogo di una delegittimazione verso un’istituzione spettro di sé stessa.
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