Il duello con Giuseppe Conte sul Mes. Le trattative in Europa sul Patto di Stabilità e le difficoltà con gli alleati in vista delle prossime elezioni europee. E poi la manovra e la politica estera, con Giorgia Meloni che fa di tutto per rivendicare la sua collocazione euro atlantica. Sono tanti i dossier sul tavolo di Palazzo Chigi. Ma, stando a quanto filtra dagli ambienti più vicini alla premier, la vera preoccupazione di Meloni sono le riforme costituzionali. Una scommessa, che potrebbe finire con lo showdown di un voto referendario. Un test che nasconde troppe insidie per la presidente del Consiglio, al netto dell’ottimismo. “Non ci sono problemi, ma potrebbe allargarsi il fronte del No”, ammettono fonti parlamentari di Fratelli d’Italia.

Insomma, le sicurezze di Meloni sul premierato si stanno sgretolando con il passare delle settimane. Tanto che c’è chi si spinge a dire che il percorso della riforma è solo all’inizio e che l’iter del testo in Parlamento non sarà così lineare come vogliono far apparire gli esponenti del centrodestra. Dalla stessa Meloni alla ministra delle Riforme Maria Elisabetta Alberti Casellati, di Forza Italia. Ma, in particolare, ci sono due prese di posizione pubbliche che stanno agitando i sonni di Meloni. Segnali da non trascurare. Soprattutto perché arrivano da due storici esponenti del centrodestra italiano. Due che, con una semplificazione, seppur con una storia molto diversa, potrebbero essere definiti come “padri nobili” dell’attuale coalizione di governo guidata da Fratelli d’Italia. Si tratta di Gianni Letta e Gianfranco Fini.

Partiamo dal secondo, che ha di fatto bocciato il premierato di Meloni martedì, durante un seminario organizzato alla Camera dei Deputati dall’Associazione degli ex parlamentari. Fini ha usato il bastone e la carota. Ma, come anticipato da Il Riformista il 28 settembre scorso, l’idillio tra l’ex presidente della Camera e la sua erede politica è durato solo pochi mesi. Dopo l’endorsement dell’anno scorso alla vigilia delle elezioni politiche e le frequenti apparizioni televisive, l’ex leader di Alleanza Nazionale si è eclissato, su richiesta di Palazzo Chigi. E adesso vibra la stoccata sul premierato. “La mia non è una promozione, ma neanche una bocciatura. Se fossimo a scuola, direi che il disegno di legge sulle riforme è rimandato a settembre”, dice il maestro all’allieva premier. Poi il consiglio non richiesto: “A mio giudizio Meloni avrebbe fatto bene a guardare a Berlino. Il modello tedesco può essere una soluzione”.

Il cancellierato, ovvero l’ipotesi preferita dal Pd. Meloni non l’ha presa bene. Così come non ha preso bene la tirata di Letta, andata in scena a inizio dicembre durante un convegno a Firenze. “Il premierato fatalmente ridurrà i poteri del Capo dello Stato”, l’obiezione dell’ex eminenza grigia di Silvio Berlusconi. Anche lì Meloni ha abbozzato, dubitando della tenuta di Forza Italia di fronte alla riforma e chiamando in causa presunti interventi della famiglia Berlusconi. La strada è già in salita.