La glorificazione dell'ignoranza
La cultura occidentale e la sacra alleanza fra stragisti di pianoforti, cacciatori di nicchie e di vendetta.

I talebani hanno scaricato la loro furia simbolica contro il pianoforte, erogatore di musica occidentale e lo hanno disossato, straziato e sventrato esibendone i resti come quelli di un nemico concreto e non solo simbolico. Poche settimane fa l’ex presidente russo Medvedev si è rivolto in televisione all’occidente e all’Europa scandendo parole inconsuete: “Noi vi odiamo, vogliamo morta quell’Europa che cerca di imporci valori fondati sul nulla come la loro libertà”. In America l’odio verticale tra repubblicani e democratici ha raggiunto vette da guerra subconscia da quando il tremendo aggettivo woke, parola afroamericana che sta per “coloro che nascondono ogni velato indizio di discriminazione”, è diventato un marchio razzista discriminatorio di uso sfrenato e vale quanto la lettera scarlatta.
In Italia non ce ne accorgiamo perché questo genere di fenomeni ribolle prima negli Stati Uniti per tracimare sul Regno Unito e Francia, mentre l’Italia resta ancora aggrappata alle vezzose quote rosa. L’altra espressione connessa è la “Cancel culture”, la cultura cancellata, il pianoforte annichilito dai talebani.
Quest’impulso savonaroliano alla distruzione sbarca in Europa come eco delle multiple differenze e odi razziali, Il nuovo guru della buona cultura anti woke è un personaggio, è un giovane sudafricano cresciuto nell’apartheid senza poter vivere con il padre perché bianco e senza poter mostrare la madre perché era nera. Quest’uomo geniale di color beige che parla un inglese britannico riadattato all’America è riuscito a spiegare e a radunare un nuovo modo di pensare la disintegrazione causata dalle nicchie razziali portando in scena la ricomposizione.
Ma la politica è ancora ferma sui pregiudizi di destra e di sinistra: ecco, ad esempio, Ron De Santis che dice di essere disposto ad accettare Twitter in Florida purché non si porti dietro il mondo woke. Il comune denominatore di una civiltà in frammenti sta nella ricerca individuale ciascuno della propria nicchia di perseguitati in cerca di vendetta. Quando abbiamo visto in America le statue di Cristoforo Colombo abbattute, in Europa siamo rimasti solo un po’ perplessi ma gli americani hanno capito che il genovese era diventato l’epitome dell’odio dei dominatori sui dominati. Questa rinata iconoclastia irrompe in occidente più o meno come le guardie rosse irruppero nella Cina maoista: tutti i simboli devono essere abbattuti, tutti i portatori devono essere uccisi.
I talebani lo fanno da sempre e la loro è la cultura della distruzione sistematica dell’occidente per proteggere la loro rete di valori, tra cui la sottomissione delle donne, la glorificazione dell’ignoranza. Noi europei ancora non ci siamo resi conto del radicale significato di quel pianoforte squartato e non sappiamo vedere che Donald Trump non detesta la cultura, ma la considera una cipria settecentesca portata dal vento europeo. Quando si presenta, snocciola fino ai centesimi il valore in miliardi e centesimi delle sue ricchezze.
Vale la battuta dello stand-up britannico Rick Gervais: “Tutti si lamentano perché si sentono parte di una minoranza perseguitata. Guardate me: sono bianco, eterosessuale, e miliardario. Quanti saremo al mondo? Meno dell’un per cento. Mi sono mai lamentato? Mi avete mai visto piangere? No!”. L’Occidente si è sentito ferito a sangue per la mattanza della redazione di Charlie Hebdo dove un gruppo di sconsiderati umoristi furono fucilati in massa da parigini di seconda o terza generazione islamica. E quel mondo che ha deciso di vivere al di fuori della storia senza contesto. Noi occidentali siamo invece abituati a una civiltà che prevede e anzi raccomanda evoluzioni e rivoluzioni perché noi col contesto ci facciamo i film d’epoca e anche con sciatteria. Ma a loro no, non sfugge come a Putin non sfugge il concetto di impero, comune ad indiani, cinesi, iraniani e talebani: così è nata la sacra alleanza fra stragisti di pianoforti, cacciatori di nicchie e di vendetta.
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