“È uno sfascio, sinceramente non trovo altre parole”. Lo afferma al Riformista Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in Commissione giustizia al Senato ed ex componente del Consiglio superiore della magistratura, commentando le parole di Fabio Pinelli, neo presidente dell’Organo di autogoverno delle toghe, che ieri in apertura di Plenum ha “stigmatizzato” i ritardi accumulati dal Consiglio uscente.
“La mia consiliatura, presieduta da Giovanni Legnini, aveva terminato il mandato senza particolari ritardi. In quella di David Ermini, invece, ci sarebbero pratiche inevase risalenti addirittura al 2018: mi pare a dir poco sorprendente”, ha aggiunto Zanettin. Ed infatti i dati forniti da Pinelli fanno a cazzotti con la narrazione di questi anni secondo cui il Consiglio uscente aveva rappresentato una cesura con il “laido” sistema di Luca Palamara, come scrisse tempo addietro in un articolo l’ex pm Giancarlo Caselli. In pratica, ha puntualizzato Pinelli, “considerando i procedimenti ancora pendenti relativi a vacanze del 2018 o 2019 – rispetto alle quali sono intervenute vicende patologiche – sono da conferire, con un ritardo purtroppo divenuto fisiologico, numerosi incarichi vacanti dal 2021 – 35 direttivi e 56 semidirettivi – e la sostanziale totalità di quelli resisi vacanti nel 2022 – 81 direttivi e 91 semidirettivi”.
“Esaminiamo oggi, secondo il criterio cronologico ormai imposto dalla legge oltre che dalla circolare interna, le vacanze intervenute a settembre 2021. Non possiamo esserne soddisfatti e dobbiamo modificare questi ritmi”, ha aggiunto Pinelli, annunciando che nei prossimi mesi il Csm lavorerà senza sosta tutte le settimane per mettere una toppa. Nel mare magnum dell’arretrato ci sono anche le pratiche relative alle conferme degli incarichi direttivi o semidirettivi per i quali il primo quadriennio è scaduto dal 2015 al 2020; oltre 100 in cui il quadriennio è scaduto nel 2021; circa 240 in cui il quadriennio è finito nel 2022 e già 46 nel 2023, per un totale di 295 procedimenti da definire.
I ritardi investono anche l’approvazione dei progetti organizzativi degli uffici giudiziari. “Quelli relativi al triennio 2020/2022 non sono stati ancora valutati se non in parte: il Consiglio ha deliberato su 77 progetti organizzativi su un totale di 199; su 58 tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti, mentre ne rimangono da esaminare 167”, ha quindi concluso Pinelli. Davanti a questi numeri la domanda spontanea è cosa avrà allora fatto il Csm in questi anni. Sicuramente ha concentrato gli sforzi nel procedimento nei confronti di Palamara e di tutti coloro che erano nelle sue chat. Il Palamaragate, esploso nel 2019, ha rappresentato, ormai è evidente, un regolamento di conti fra le correnti della magistratura conclusosi proprio con la cacciata di Palamara e con dure condanne disciplinari nei confronti delle toghe che avevano avuto rapporti con lui.
La sezione disciplinare del Csm, ad ottobre del 2020, al termine di un “turbo processo” in piena pandemia, aveva emesso a carico di Palamara il provvedimento più severo e questo nonostante ci fosse nel collegio Piercamillo Davigo che in quel procedimento era giudice, testimone e persona offesa. L’ex pm di Mani pulite alla luce delle successive rivelazioni dell’indagine sulla Loggia Ungheria, aveva celebrato il processo essendo a conoscenza delle rivelazioni dell’avvocato Piero Amara, il principale teste d’accusa alla Procura di Perugia contro Palamara. Cacciato Palamara, per mesi, il Csm ha dunque provveduto a fare tabula rasa di quella stagione. Con le conseguenze del caso.
“Il presidente della Repubblica ha voluto aprire un nuovo capitolo, possiamo e vogliamo affermare che la fase dell’emergenza è chiusa. E vorremmo che fosse finito il tempo delle dispute polemiche, del dibattito pubblico e delle misure straordinarie d’urgenza”, ha proseguito allora Pinelli. “Vorremmo – ha aggiunto – che il Consiglio, che ci è stato consegnato indubbiamente ammaccato dalle vicissitudini intercorse, tornasse all’esercizio fisiologico delle proprie funzioni, con un rinnovato impegno di correttezza, trasparenza, fedeltà al proprio mandato costituzionale, per ricostituire quel tessuto di lealtà istituzionale e di legittimazione democratica che in alcuni momenti è sembrato lacerarsi”. Non resta che attendere le prossime settimane per vedere se ci sarà questo cambio di passo.