L'intervista
La deriva dei partiti-persona e la crisi della democrazia in Italia: l’allarme del filosofo Gennaro Carillo

«L’attuale classe politica è totalmente avulsa dalla realtà e ha come unico obiettivo la propria conservazione. Sia a destra che a sinistra si è persa la curiosità intellettuale. Di qui la crisi che, a pochi mesi dalle elezioni amministrative, ha finora impedito ai partiti di individuare i candidati al governo di città come Napoli e regioni come la Calabria». A fotografare la situazione del Sud è Gennaro Carillo, professore di Storia del pensiero politico all’università Suor Orsola Benincasa.
Ad aprile i calabresi saranno chiamati a scegliere il nuovo presidente della Regione, carica per la quale anche l’attuale sindaco partenopeo Luigi de Magistris ha annunciato di voler correre. A Napoli, invece, si voterà per scegliere il prossimo inquilino di Palazzo San Giacomo. Al vaglio degli elettori potrebbero essere sottoposti nomi già giudicati dalla storia, come l’ex sindaco e governatore Antonio Bassolino o lo stesso de Magistris, oppure tratti dalla società civile, come il pm Catello Maresca. In tutti i casi si tratta di candidature ufficiose, al momento non ufficializzate dai vari schieramenti in campo. Si tratta di indugi che non lasciano presagire nulla di buono per la città. «Il ritardo dei partiti è per certi versi contingente, cioè legato all’emergenza pandemica che ha cambiato l’agenda politica, ma per altri è un ritardo di lungo periodo – spiega Carillo – A sinistra c’è una crisi strutturale molto forte del Partito democratico, acuita dall’emorragia di consensi, mentre a destra c’è una crisi legata alle ripetute sconfitte». Il centrodestra sembra aver individuato in Maresca il proprio candidato, mentre il centrosinistra potrebbe “rispolverare” Bassolino. Possibile che, all’interno dei partiti, non si trovino personalità nuove, autorevoli e capaci di amministrare una grande azienda di servizi come il Comune di Napoli? «Ecco la conferma della crisi – sottolinea Carillo – Se il centrodestra si riduce a non avere un candidato politico per la città ma deve attingere alla magistratura requirente, per 30 anni avversata perché identificata con il giustizialismo e ritenuta nemica del garantismo, vuol dire che è davvero in difficoltà: è paradossale che da quelle parti si sondi un pm come Maresca». Il centrosinistra, però, non presenta un “quadro clinico” migliore. «Se dalla sinistra uscisse davvero il solo nome di Bassolino, sarebbe la certificazione di una crisi ancora peggiore: significherebbe che c’è stata una totale desertificazione del panorama politico – aggiunge Carillo – I giovani e il ricambio generazionale dove sono finiti? Rischiamo di trovarci un 70enne al Comune e un suo coetaneo alla Regione. Vuol dire che la politica in questi anni non ha fatto crescere nessuno, ma che ha solo alimentato la fidelizzazione a un capo.
Ma perché la classe dirigente napoletana e meridionale non è stata in grado di rinnovare i propri esponenti? Perché c’è un problema di democrazia interna ai partiti e la selezione del gruppo dirigente presuppone scarsa democrazia – spiega Carillo – I partiti si strutturano con un’organizzazione di tipo feudale. Negli ultimi anni c’è stata una torsione verso il partito personale. Il risultato è stato un blocco democratico». In altre parole, ci troviamo di fronte a una situazione di stallo che ha costretto i partiti, come nel caso di Fi, a pescare i propri candidati dalla società civile.
Non è detto, però, che un magistrato o un imprenditore, anche dalle straordinarie capacità, si dimostrino all’altezza di un compito arduo come quello di governare una grande città o una regione. «La politica è una disciplina a se stante e non c’è nulla di più presuntuoso di pensare che le competenze acquisite in un diverso ambito possano essere automaticamente e immediatamente traslate in politica – precisa Carillo – Per essere ministro della Sanità, per esempio, non occorre essere un bravo medico: bisogna essere buoni politici, capaci di dettare condizioni, accettare compromessi dove necessario e di servirsi di quell’arte della mediazione che ha regole autonome e si apprende praticandola. Un professionista può vincere le elezioni perché forte di un consenso, ma non è detto che si riveli un buon amministratore». De Magistris è l’esempio lampante. Ma quanto pesa la mancanza di una classe dirigente autorevole? «Moltissimo. La scarsità della cultura politica provoca danni enormi. A Napoli è stata alimentata la retorica un po’ anarchica dello “scassare”, secondo la quale la città si autogoverna: slogan trionfale dal punto di vista del consenso ma devastante a livello amministrativo». Ecco perché, ora che de Magistris si appresta a dire addio al Comune, «Napoli ha bisogno di un sindaco serio, con un approccio di tipo scientifico e in grado di riorganizzare la città».
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