Il ministro: "Gli agenti non avevano piena consapevolezza"
La Digos identifica chi porta fiori a Navalny e chi grida Italia antifascista, Piantedosi minimizza: “E’ capitato anche a me”

In Italia la Digos identifica chi grida “viva l’Italia antifascista“, un principio cardine della nostra Costituzione, e chi porta fiori ad una manifestazione in ricordo di Alexei Navalny, l’oppositore di Vladimir Putin morto in circostanza misteriose in carcere dove da tempo era detenuto in condizioni disumane.
La Divisione investigazioni generali e operazioni speciali domenica 18 febbraio ha identificato in corso Como a Milano (dov’è una targa in ricordo di Anna Politkovskaya) alcune persone che partecipavano ad una manifestazione di solidarietà nei confronti dell’oppositore russo scomparso nei giorni scorsi all’età di 47 anni. Una decisione dettata, secondo il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, da questioni di “ordine pubblico”. Il capo del Viminale prova a giustificare il lavoro dei poliziotti con parole che lasciano interdetti. A margine della sottoscrizione di un accordo tra la Regione Lombardia, l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e l’Anci Lombardia in Prefettura a Milano, Piantedosi ha così commentato l’accaduto, provando a scaricare presunte responsabilità sul personale di polizia che avrebbe agito senza conoscere (cosa grave) cosa stesse accadendo sul territorio presidiato: “L’identificazione delle persone è un’operazione che si fa normalmente nei dispositivi di sicurezza per il controllo del territorio. Mi è stato riferito che il personale che aveva operato non avesse piena consapevolezza“.
Digos come Lollobrigida
A identificare i manifestanti una pattuglia della Digos che era diretta in un’altra zona della città e che si sarebbe fermata perché incuriosita dalle persone presenti nei giardini dedicati ad Anna Politkovskaja, la giornalista russa uccisa nell’androne di casa nel 2006. Agenti, verrebbe da aggiungere, che non leggono giornali o accendono la televisione. Un po’ come il ministro Francesco Lollobrigida, cognato di Meloni, che preferì non dire nulla su Italia Salis, detenuta in condizioni disumane in Ungheria, perché, a 24 ore dall’accaduto, non era informato della vicenda. Tra l’altro la questura di Milano era a conoscenza del presidio per la memoria dell’oppositore russo e non avrebbe ritenuto necessario alcun dispositivo di ordine pubblico.
Piantedosi scherza: “A chi non è capitato di essere identificato”
Poi per smorzare gli animi, aggiunge: “E’ capitato anche a me nella vita di essere identificato, non credo che sia un dato che comprime una qualche libertà personale”. A fare da eco alle parole del ministro, ci pensa Stefano Paoloni, segretario generale del Sap, sindacato autonomo di poizia, che all’AdnKronos spiega che “l’identificazione non comprime alcuna libertà personale, rientra tra i compiti, anzi tra i doveri, di chi ha il compito di garantire la sicurezza e l’ordine pubblico. Chi percepisce l’identificazione come qualcosa di pericoloso, ha qualcosa da nascondere oppure ha un pregiudizio verso le forze dell’ordine. I colleghi hanno fatto semplicemente il loro dovere”.
Italia Viva e Radicali: “Intitoliamo strada ambasciata russa a Navalny”
Roma “non può tacere di fronte al barbaro assassinio di Alexey Navalnyj, il più coraggioso ed eroico avversario di Putin. Per questo, lunedì mattina, presenteremo una mozione urgente per intitolare a Navalny via Gaeta, dove si trova l’ambasciata russa”. Lo dichiarano in una nota i consiglieri capitolini di Italia viva, Valerio Casini e Francesca Leoncini, e il presidente di Italia viva Roma, Marco Cappa. “Chiediamo e auspichiamo che la nostra mozione sia approvata all’unanimita’ da tutte le forze politiche con cui ci ritroveremo lunedi’ pomeriggio in piazza in Campidoglio”, concludono.
Iniziativa sostenuta anche dai Radicali Italiani: “Come disse Navalny – afferma Matteo Hallissey, segretario Radicali Italiani – ‘il mio messaggio, se dovessi essere ucciso sarebbe semplice: non arrendetevi. È una cosa molto ovvia da dire. Non avete il permesso di arrendervi. Se dovessero decidere di uccidermi vorrebbe dire che siamo incredibilmente forti’. Noi lo faremo perché, quando le luci delle fiaccole si spengono, il dovere è quello di mostrarci incredibilmente forti. Navalny è un simbolo, il simbolo di una Russia libera che alza la testa e grida la sua denuncia contro l’oppressore. Quello di Navalny è l’ultimo nome su una lunga lista di uomini e donne perseguitati e uccisi dal Cremlino. Si tratta di un elenco infinito di giornalisti e dissidenti che hanno trovato la morte per il solo fatto di essersi opposti a Putin e alla sua cupola di potere”.
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