La magistratura militante non si oppone solo a qualsiasi riforma dell’amministrazione della giustizia rivolta a limitare i privilegi della corporazione: si oppone anche, con pari energia, a ogni iniziativa di maggior tutela dei diritti delle persone sottoposte a giustizia. La ragione è molto semplice e non ha niente a che fare con le sempre sbandierate esigenze di giustizia complessiva: il rafforzamento dei diritti degli imputati, dei condannati, dei detenuti e la compiuta salvaguardia delle loro facoltà di difesa diminuiscono la forza del potere inquirente. È tutto, tragicamente, qui. L’assoluzione è fastidiosa perché denuncia la fallibilità dell’accusa, che in quest’ottica è necessariamente contrastata con mezzi pretestuosi e sleali: la difesa come attentato alle ragioni della giustizia confuse con l’interesse di chi la amministra. Si tratta di una vera e propria deviazione di potere, perché non c’è nessuna riprova – anzi c’è prova del contrario – che lo Stato di diritto democratico si affermi nel trionfo dell’accusa pagato col sacrificio dei diritti della persona.

Il fatto che la magistratura deviata non operi clandestinamente dimostra anche meglio quant’è potente. Essa coltiva e protegge quel suo interesse nell’efficace sintonia di due canali: il primo è quello più appariscente sulla ribalta del dibattito pubblico, con il sistema dell’informazione asservito a orientarlo e con la classe politica intimidita e disciplinata nell’autocensura; il secondo canale è quello che percorre il ventre dello Stato e si dirama nei posti del potere vero, dove le leggi passano o si fermano, e a dirigere il traffico c’è appunto la magistratura distaccata al lavoro di macchina. La prepotenza di questo complesso sostanzialmente reazionario è simile a quella che nei sistemi di democrazia incerta esercitano i militari, con la differenza che la capacità intimidatoria della magistratura deviata è anche più efficace perché non ha bisogno di dimostrarsi in modo strepitoso coi carri armati che assediano i palazzi del potere e minacciano la cittadinanza: basta e avanza avere alle dipendenze un altro tipo di esercito, quello togato, che è composto sicuramente da ottime persone che però possono aggredire la tua vita e rinchiuderla in una cella.

Le istanze antiriformatrici della magistratura deviata non sono sorrette da una migliore dottrina, ma da quel brutale presupposto di potere: ti arrestano, ti giudicano, ti condannano, e in modo non dichiarato ma perfettamente operante è quel carico di potere a pesare sulla bilancia delle riforme. Non c’è più scienza a rendere possibile l’imperio della magistratura deviata e a impedire che se ne contesti la continuazione, non c’è più competenza, più cultura della giurisdizione: c’è il ritrarsi e il sottomettersi di una società intimorita. C’è la paura.