Un leader “saggio e visionario”. È con queste parole che il presidente russo Vladimir Putin ha parlato di Xi Jinping in vista del suo viaggio in Cina. La prima visita di Stato dopo il suo insediamento al Cremlino per il quinto mandato. Una scelta diplomatica chiara, che arriva in un momento particolarmente delicato della guerra in Ucraina: forse addirittura decisivo. Cina e Russia, dall’inizio del conflitto, hanno saldato la loro partnership fino a identificarsi in quella che è passata alla storia come “alleanza senza limiti”. 

Il ruolo del sostegno cinese

Un rapporto su cui osservatori e analisti continuano a interrogarsi. Divisi tra chi crede che i due giganti siano uniti da una relazione soddisfacente per entrambi e chi invece ritiene che Mosca sia stata obbligata a cadere tra le braccia di Pechino per sopravvivere alle sanzioni occidentali e sostenere l’invasione scatenata nel 2022. Ma questa partnership “senza limiti” preoccupa soprattutto gli Stati Uniti, che vedono il sostegno cinese alla Russia come un aiuto alla macchina bellica russa in una guerra che, come mostrano le ultime notizie che arrivano da Kiev, rischia di essersi incanalata nella direzione voluta proprio da Putin. Washington, attraverso sanzioni e avvertimenti, ha fatto intendere alla Repubblica popolare di volere un cambio di passo. Ma la partita con Xi è complessa, e il presidente cinese sa bene che anche il suo rapporto con la Russia può diventare un elemento fondamentale nella sfida a due con Biden (e con il suo eventuale successore Donald Trump). Non è un caso che questo summit arrivi pochi giorni dopo il rientro del leader cinese dal suo ultimo viaggio in Europa. Tour con cui Xi ha toccato non solo la Francia di Emmanuel Macron (da tempo interlocutore privilegiato nel Vecchio Continente), ma anche la Serbia e l’Ungheria.

Il segnale di Xi

Un segnale da parte di Xi di non volere abbandonare la sua proiezione a occidente, e di poter rinsaldare i suoi legami con l’Europa. E se Xi ha voluto lanciare un segnale, il viaggio in Cina serve anche a Putin per lanciare un altro: e cioè che il suo quinto mandato da presidente inizia senza quell’isolamento voluto dall’Occidente, e soprattutto mentre le sue truppe continuano la loro avanzata in Ucraina. Ieri è stato lo stesso Putin a ribadire i successi delle sue truppe durante una riunione al ministero della Difesa con il nuovo titolare, Andrei Belousov, e alcuni generali dell’esercito. Le forze armate russe, ha detto il capo del Cremlino, “migliorano ogni giorno la loro posizione in tutte le direzioni”. E nell’incontro con i comandanti, lo zar ha confermato la narrazione che ha intrapreso sin da prima che iniziasse il conflitto.

“Dal 2014, quando abbiamo cercato di risolvere pacificamente questo conflitto, purtroppo nulla ha funzionato e siamo stati costretti a iniziare a proteggere la nostra gente in questi territori con l’aiuto delle forze armate” ha detto Putin. E proprio su questa falsariga, l’intervista rilasciata all’agenzia cinese Xinhua si è soffermata anche sull’aspetto negoziale (tanto caro a Xi). “Non ci siamo mai rifiutati di negoziare. Stiamo cercando una soluzione globale, sostenibile e giusta di questo conflitto con mezzi pacifici. Siamo aperti al dialogo sull’Ucraina, ma tali negoziati devono tenere conto degli interessi di tutti i paesi coinvolti nel conflitto, compreso il nostro” ha spiegato Putin.E tra le righe delle dichiarazioni, molti analisti si sono concentrati sul fatto che il leader russo abbia sottolineato l’interesse di Mosca per la mediazione cinese. “Lodiamo l’approccio della Cina per risolvere la crisi in Ucraina” ha sentenziato Putin. E questa dichiarazione sembra essere la benedizione dello zar su quel piano di 12 punti per la risoluzione della guerra che il governo di Xi propaganda da un anno. Un progetto su cui gli Stati Uniti hanno subito mostrato scetticismo. Ma che adesso Putin, forte della sua posizione sul campo di battaglia, potrebbe perorare come pretesto ma anche come ultimo assist al suo alleato nell’Impero di Mezzo.