Chissà come faranno i vari Lucio Malan, Claudio Borghi, Carlo Calenda e con loro in buona compagnia, Matteo Salvini, Francesco Emilio Borrelli o Alberto Bagnai, giusto per citarne alcuni, a superare senza particolari stress cognitivi questo mese infausto. Loro che vivono immersi vita natural durante nel liquido amniotico delle piattaforme, che inseguono egotisticamente il piacere inebriante delle polarizzazioni. Infatti, nonostante i tempi siano molto cambiati, la serrata d’agosto continua in gran parte a svuotare le città, le fabbriche e perfino quelle camere d’eco dove amiamo rifugiarci per sversare le nostre frustrazioni e inquietudini. Un rompete le righe che colpisce perfino la politica ciarliera, costretta a ritirarsi di buon grado in un silenzio catartico, in attesa di settembre.

Così le saracinesche e i cancelli digitali sigillano le nostre comunità social, e spediscono in ferie forzate le falangi più violente di odiatori di professione e quelli per vocazione. Un mondo idilliaco, certo, ma non per tutti sia chiaro, soprattutto per quei politici che si auto-legittimano nel like e nelle condivisioni. Come potranno costoro, che appartengono alla singolare specie umana dei super-postatori infaticabili, vincere l’astinenza da interazione o superare le crisi di identità quando più di un post non arriverà nei trending topic della mattinata? Altrettanto, come faranno ad affrontare senza particolari conseguenze, ciò che lo psicologo statunitense Larry Rosen ha definito nel suo libro, iDisorder, la vibrazione fantasma, cioè quel particolare disturbo che ci porta a consultare continuamente e freneticamente il nostro smartphone convinti di aver ricevuto una notifica da spuntare.

Certo, la traversata nel deserto agostano non è cosa semplice per nessun leader politico dell’era digitale, così come al pari non lo è neanche per gli influencer di professione, ma può trasformarsi in un calvario per quei dannati del post, ovvero per coloro che hanno una media giornaliera di almeno cinque o sei pubblicazioni, che dedicano diverse ore della loro giornata a rispondere ai follower, che controllano ripetutamente quanti mi piace ha raccolto la foto o il reel. Forse, per rendere meno pesanti le prossime settimane, sarebbe utile proporre ai due uffici di presidenza di Camera e Senato l’attivazione di uno specifico gruppo di sostegno, una sorta di super-postatori anonimi dove poter condividere le proprie esperienze, confessare apertamente in un clima di collegiale comprensione, quel disagio interiore che si è costretti a patire per la carestia di like.

In alternativa, questo stesso giornale che da sempre mantiene ferma la barra liberal-riformista, potrebbe farsi promotore di una missione di solidarietà per aiutarli a vincere le crisi di astinenza e avere argomenti credibili per far sentire la propria voce. È sufficiente che il Riformista pubblichi ogni giorno, almeno fino a dopo ferragosto, tre post: uno sull’imminente pericolo fascista, un altro sulla stortura di una magistratura politicizzata e, infine, un terzo post sul tema del campo largo che tiene sveglio il centro-sinistra. Tre post ogni giorno così il gioco è fatto. Infine, se proprio queste due soluzioni non fossero praticabili o poco efficaci, allora come estrema ratio si potrebbe chiedere a Luca Bizzarri o a Selvaggia Lucarelli di aprire delle comunità di recupero dai social, dove accogliere e aiutare tutte quelle anime perse in astinenza dai like desiderose di arrivare a settembre in buona salute.

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Domenico Giordano è spin doctor per Arcadia, agenzia di comunicazione di cui è anche amministratore. Collabora con diverse testate giornalistiche sempre sui temi della comunicazione politica e delle analisi degli insight dei social e della rete. È socio dell’Associazione Italiana di Comunicazione Politica. Quest'anno ha pubblicato "La Regina della Rete, le origini del successo digitale di Giorgia Meloni (Graus Edizioni 2023).