A Napoli l'incontro degli chef de Le Soste
La felicità del buon cibo, miniera d’oro del Belpaese
Un Paese di santi (pochi), poeti (rari), navigatori (dispersi) e turisti enogastronomici (milioni). Secondo dati del Censis, infatti, sono oltre trenta milioni gli italiani (e oltre venti milioni gli stranieri) che nei loro viaggi in Italia cercano opportunità di godimento o approfondimento enogastronomico. Un giro di affari che vale oggi, per difetto, intorno ai cinque miliardi di euro, al netto della filiera agroalimentare da esportazione, in particolare di prodotti tipici, pur minacciati dai dazi Usa e dai “pezzotti” germinati nell’Europa dell’Est.
Questo per dire su quale straordinaria miniera d’oro si allunga l’Italia. E soprattutto quale enorme volano economico sia questo filone per il Mezzogiorno d’Italia, che infatti negli ultimi dieci anni ha proposto e vissuto una vera e propria rivoluzione grazie alla “visione” di alcuni imprenditori, e a talento, passione e costanza di alcuni grandi “ambasciatori” della cultura enogastronomica meridionale, e campana in particolare.
Dal 2008 al 2013 (i dati disponibili più recenti), infatti, l’agroalimentare campano ha fatto registrare una crescita del 7,5% e un incremento di 215 nuove imprese, tutte impegnate nelle produzioni di qualità certificata. Nel settore alimentare la Campania è leader nel Mezzogiorno, con all’attivo 5 mila aziende, 27 mila addetti e un fatturato di 11 miliardi di euro. Secondo i dati Federalimentare, infatti, la Campania contribuisce all’8 per cento del fatturato dell’industria alimentare nazionale, raggiungendo nel 2011 la quota di 1,8 MLD di euro in export, con una incidenza significativa pari all’8,6 per cento sul totale del settore.
E su questa potentissima base, fatta di impegno e innovazione, il turismo enogastronomico è esploso grazie a quegli ambasciatori di cui si parlava, in particolare gli chef stellati, che oggi rappresentano una vera e propria scuola, sempre più apprezzata, seguita e a volte imitata, senza poter essere raggiunta, proprio perché la cornucopia rappresentata da quella regione in termini di biodiversità e qualità, non ha molti confronti possibili.
È tanto oggettivo il salto di qualità, che lunedì prossimo, si registrerà un evento a suo modo clamoroso che ratificherà amichevolmente questa leadership. Infatti per la prima volta l’associazione Le Soste, fondata dal grande Gualtiero Marchesi nell’82 per radunare il meglio del meglio dell’alta ristorazione italiana, terrà la propria assemblea nazionale a Napoli e non a Milano. E l’incontro si terrà al Romeo hotel, il cinque stelle lusso di Napoli che dieci anni fa ha tracciato una rotta di stile e di impresa, puntando sulla cucina gourmet, facendo così da traino a tutto un movimento. Al punto che oggi sono quattro, in città, i locali stellati, cosa del tutto impensabile solo pochi anni fa. Un trend facilitato appunto dalla scuola gourmet della Campania che negli ultimi anni ha visto fiorire un vero e proprio bouquet di chef stellati, sulle tracce dei grandi pionieri come Alfonso Iaccarino, Gennaro Esposito o Alfonso Caputo. I quali, et pour cause, parteciperanno alla gande cena-evento che chiuderà la giornata di lunedì, con un menù studiato sul pentagramma delle ricchezze sensoriali della regione.
Con loro ci saranno i Mellino padre e figlio, Francesco Sposito, la famiglia Fischetti, Alberto Annarumma, oltre ovviamente alla “mano di casa” Salvatore Bianco. Di sicuro una avventura indimenticabile. Non fosse perché tra gli ospiti, ci saranno una cinquantina e più di colleghi, pronti a esprimere (fosse pure solo nel segreto del proprio animo) il più fausto o il più tranchant del giudizi tecnici. Ospiti di fama mondiale, tra cui Davide Oldani, Viviana Varese, Moreno Cedroni, i fratelli Cerea, insieme a Claudio Sadler e Massimo Bottura, rispettivamente presidente e vicepresidente de “Le Soste”.
Una giornata speciale, però, non solo per i piaceri dei sensi, ma soprattutto per la possibilità di definire strategie di investimento e di sviluppo dell’intero movimento della cucina italiana, che attraversa un momento magico – tra maturità e cambi generazionali – e che deve porsi piani strategici di medio periodo per gli anni a venire, che promettono di essere decisivi per un ulteriore radicamento dell’alta cultura culinaria italiana. Non a caso Il Riformista ha organizzato, nella redazione di Napoli, un forum – “Campania, la cultura del buon vivere” con i protagonisti della serata, e che sarà moderato dal direttore editoriale Marco Demarco. L’obiettivo è quello di poter meglio raccontare e sostenere una meravigliosa industria, che ha il potere di conciliare bellezza, cultura green, opportunità per i giovani, salvezza per il tessuto artigianale territoriale e per l’intera filiera produttiva del settore.
Infatti, l’orientamento della suddetta filiera a conquistare i mercati esteri è ampiamente confermato anche dalle analisi più recenti. Secondo l’elaborazione della Coldiretti su dati Istat (riferiti al commercio con l’estero) nel 2013 l’export del comparto a livello regionale ha raggiunto la quota di 2,1 miliardi di euro. I flussi in uscita sono destinati prevalentemente ai Paesi dell’Unione Europea – considerati ormai un vero e proprio domestic-market – per un valore stimato di 1,3 miliardi, ma vanno facendosi strada altri mercati extracomunitari non meno interessanti. In particolare, il “Made in Campania” cresce negli Stati Uniti con 220 milioni di euro (+14,8%) e nei mercati asiatici dove si è configurato un incremento del +13,3% (254 milioni di euro). Le conserve di pomodoro si confermano i prodotti più esportati insieme con il vino, segue l’ortofrutta fresca, in forte aumento la pasta e tutto il settore del biologico. Ottime le prospettive di crescita per tutti i prodotti della dieta mediterranea nei Paesi emergenti ed, in particolare, in Cina.
Un flusso fantastico di energie e di idee, che non si sarebbe mai sviluppato in modo così imponente, senza l’arte, e la passione di quei moschettieri di una nuova filosofia estetica del buongusto, che lunedì prossimo, nelle sale del Romeo hotel, e intorno ai tavoli del “Comandante” , faranno sì una sosta. Ma in cima al mondo.
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