Questa volta Elon Musk ha dovuto chiedere pubblicamente scusa perché l’ennesimo tweet al veleno sulla sua piattaforma social si è rivelato un autogol clamoroso.

L’imprenditore e uomo più ricco del pianeta è stato protagonista di una ‘shitstorm’ per il trattamento che ha rilevato a Halli Thorleifsson, uno dei tanti dipendenti licenziati da Twitter nel corso della gestione Musk, che per tagliare i costi e far tornare la società a produrre utili ha dimezzato la forza lavoro aziendale.

Ma quello di Thorleifsson è un caso particolare. Come altri suoi ex colleghi, Thorleifsson scopre di esser stato licenziato non tramite una mail o comunque una comunicazione aziendale, ma semplicemente non riuscendo più ad accedere al proprio computer per svolgere il suo lavoro.

Dopo nove giorni in cui da Twitter non arrivano risposte ai suoi dubbi sul proprio futuro, Thorleifsson decide di rivolgersi direttamente a Elon Musk via Twitter. “Forse se abbastanza persone ritwittano mi risponderai qui?”, aveva scritto Thorleifsson chiedendo di fatto il supporto della community.

Alla fine Musk ha risposto, ma non come Thorleifsson immaginava. Facciamo però un passo indietro. Thorleifsson non è un “semplice dipendente” di Twitter: di origini islandesi, aveva venduto nel 2021 la sua azienda di design digitale Ueno proprio a Twitter, scambiandola con una assunzione a tempo pieno nell’azienda ora in mano a Musk, scegliendo di essere pagato in stipendi per pagare così più tasse in Islanda. Secondo Halli, il licenziamento subito avrebbe violato tale accordo.

Ma soprattutto Thorleifsson gode di un discreto seguito anche social (ha oltre 140mila followers su Twitter) per il suo attivismo sui sui temi dell’accessibilità: è affetto da distrofia muscolare e costretto sulla sedia a rotelle, tanto da lavorare per la società dall’Islanda, dove tra le altre cose era stato anche premiato come “Persona dell’anno” nel 2022.

Torniamo quindi allo scambio social tra i due. Dimostrando di non sapere con chi stesse parlando, Musk ha addirittura messo in dubbio la stessa disabilità di Thorleifsson, di aver realmente lavorato per Twitter e che in ogni caso “è benestante” e “rivendica come scusa di avere una disabilità che gli impedisce di digitare con i tasti ma non di twittare”.

Di fronte a simili accuse, Thorleifsson ha preso carta e penna “virtuali” e raccontato a Musk e a Twitter la sua storia: da 20 anni convive con la sua distrofia muscolare, una malattia degenerativa che lo ha costretto alla sedia a rotelle, e che quando scrive per due ore poi deve fermarsi perché gli vengono i crampi alle mani. “”Io posso scrivere per un’ora o due – ha aggiunto – ma questo non è stato un problema con Twitter, visto che il mio compito era in gran parte aiutare i team a portare avanti il lavoro, dando loro consigli strategici e tattici”.

Di fronte all’impressionante figuraccia, lo steso Musk si è trovato costretto a chiedere scusa al dipendente che aveva sbeffeggiato con tale astio: “Vorrei scusarmi per non aver capito la situazione. Mi ero basato su cose che mi erano state dette e che non sono vere”, ha scritto il proprietario del social.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia