Cosa può succedere a un imprenditore che deve partecipare ad alcune gare pubbliche, e che si accorge che i suoi concorrenti hanno fatto cartello per turbare le aste, e che denuncia questo cartello alle autorità competenti per ottenere giustizia e perché sia ripristinata la legalità? Beh, può succedere che la risposta dello Stato si materializzi in modo molto sgradevole: con il suo arresto, con una lunga carcerazione preventiva, dichiarata poi illegittima dalla Cassazione, con tre processi a carico che devono ancora concludersi e dove è molto probabile la assoluzione, ma chissà quando, e perdipiù con una condanna a una multa mastodontica, (più di 15 milioni di euro) decisa dall’antitrust e confermata dal Tar e dal Consiglio di Stato, mentre i processi sono ancora in corso, e che, per le sue dimensioni, può colpire a morte una azienda tra le più forti e attive a Napoli e che dà lavoro a diverse migliaia di persone.

Ho usato la parola “sgradevole”. Forse sarebbe meglio parlare di arbitrio e prepotenza. Due parole che spesso si trovano benissimo accanto all’espressione “sistema giustizia”. L’imprenditore in questione si chiama Alfredo Romeo ed è amico mio. Mi ha fatto vedere tutte le carte, compresa la sentenza del Consiglio di Stato che rischia di abbattere la “Romeo Gestioni” resa pubblica pochi giorni fa. Ora provo a raccontarvi nel modo più semplice possibile questa vicenda che sembra più una commedia tragicomica che una normale vicenda processuale. Succede questo. Anno 2016, mese di aprile. La Romeo partecipa a varie gare Consip, come ha fatto negli anni e nei decenni precedenti (sempre vincendo quasi tutte le gare alle quali partecipava). La Romeo Gestioni opera nel settore del “facility management” (gestione di tutti i servizi per il funzionamento e la manutenzione di uffici pubblici) ed è considera in questo settore la numero uno in Europa. Raramente fa passi più lunghi della gamba, il suo metodo è lavorare in sicurezza. Di solito partecipa solo alle gare per lavori che è sicura di poter assicurare con qualità superiori e prezzo inferiore a tutti i concorrenti. Mentre queste gare sono in preparazione, la Romeo si accorge che sono in corso manovre oscure.

Alcune aziende concorrenti stanno facendo cartello. Come se ne accorge? Semplicemente consultando i documenti ufficiali dai quali risulta che diverse società che si affrontano in alcune di queste gare fanno capo agli stessi gruppi economici, e che in modo evidente, si sono divise il territorio. La Romeo fa la cosa più semplice del mondo. Presenta un esposto alla Consip, all’Anac e all’antitrust. Nel quale spiega i suoi sospetti e indica il modo per accertare la turbativa dell’asta. La Consip risponde indignata sostenendo che tutto è regolare minacciando querele. La Romeo risponde insistendo sulle sue tesi facendo notare che l’evidenza delle manovre di cartello è facilmente riscontrabile nelle carte che sono a disposizione della Consip, e quindi – forse maliziosamente – fa notare alla Consip che non sta svolgendo bene il suo lavoro. Che succede all’esposto? Si perde. Però, giusto un anno dopo questo esposto avvengono delle cose difficili da spiegare. La prima cosa che avviene è l’arresto di Romeo, accusato di avere corrotto un funzionario Consip privo di potere, e lo avrebbe corrotto per aiutarlo a vincere una asta che in realtà la Romeo aveva, sulla base dei suoi titoli, già vinto e dalla quale invece fu clamorosamente esclusa. Regina Coeli. Circa sei mesi. Vita spezzata.

La seconda cosa che avviene è che Romeo viene mandato a processo per turbativa d’asta, cioè è accusato in modo paradossale di aver partecipato a quel cartello che lui aveva denunciato, che la Consip aveva negato, e che era stato messo in piedi, in modo evidente, ai suoi danni. Kafka. Il processo è ancora in corso, e tutto lascia immaginare che non potrà non concludersi con la assoluzione. Speriamo il più presto possibile. Però in Italia succede che se ti processano per turbativa d’asta, anche se non sei stato riconosciuto colpevole, intanto possono punirti. Cioè la sentenza anticipa il processo. E così prima l’Agcm, poi il Tar e recentemente il Consiglio di Stato, condannano Romeo a una multa devastante. Ho dato un’occhiata alla sentenza. In realtà si tratta di tre sentenze, perché il processo al Consiglio di Stato è stato diviso in tre. Tre procedimenti diversi ma tutti e tre esaminati e conclusi dagli stessi giudici e nella stessa camera di Consiglio. Primo processo, contro la Cns, una delle aziende che fece cartello. Chiave di questo processo è la deposizione di un pentito, che racconta tutto quello che è successo e ammette il cartello. Per questa ragione la Cns ottiene una fortissima riduzione della multa. Il pentito consegna ai giudici un bigliettino rosa nel quale ci sono scritte da una parte le aziende che avevano fatto cartello, dall’altra le aziende vittime del cartello. Tra le vittime è indicata l’azienda di Romeo.

Il secondo processo è contro una serie di aziende che sono quelle indicate dal pentito come autrici del cartello. E che vengono condannate a multe di varia entità.
Terzo processo contro Romeo. Nel quale viene scartato il bigliettino rosa che scagiona la Romeo e che è stato la base del processo 1 e del processo 2. Gli stessi giudici che lo hanno considerato un documento essenziale negli altri due processi decidono in questo caso che sia in documento senza valore. Perché è una prova – anzi: la prova – a discarico. E condannano la Romeo sulla base di questo teorema: la denuncia di Romeo è avvenuta quando Romeo si è accorto che il cartello lo aveva tradito e gli aveva sottratto la vittoria in un certo lotto (il numero 10). Per ritorsione Romeo avrebbe denunciato la turbativa.

È una ipotesi ragionevole? Beh, Romeo presentò l’esposto il 13 aprile del 2016 e l’apertura delle buste per il lotto 10 avvenne il 25 aprile. Dunque Romeo avrebbe deciso di vendicarsi per una cosa che non era ancora avvenuta. E soprattutto insistette nella sua denuncia il 30 maggio 2016 allorquando risultava aggiudicatario di tre lotti della maxi gara FM4 per circa 700 milioni di euro di lavoro: credibile? Nella sentenza si cita anche una dichiarazione del pentito (CNS) che inchioderebbe Romeo. Il pentito avrebbe detto – è scritto così in sentenza – che la sua azienda aveva presentato una offerta di comodo nella gara per il lotto 3 per favorire Romeo. C’è qualcosa che non va. Una cosa decisiva: questa dichiarazione del pentito non esiste. Inventata.

La sentenza quindi contiene un evidente falso, comprovato da un documento – acquisito in base alle ordinanze istruttorie dello stesso Collegio giudicante del Consiglio di Stato– da cui risulta che il CNS e la sua mandante in sede di gara Exitone (del Gruppo STI), del tutto certi di vincere 4 lotti, tra cui proprio il lotto 3, trattavano fra loro un risarcimento milionario per la mancata aggiudicazione degli stessi a causa di una contestata non conferma delle offerte da parte del CNS. Ora si passa al nuovo grado di giudizio. Quello definitivo. Speriamo che anche per Romeo ci sia un giudice a Berlino.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.