In una città immaginaria, un giorno un uomo senza qualità, un greco chiamato Arnolp Archilogos, viene baciato dalla fortuna su tutti i fronti. Mette un annuncio sul giornale: “Greco cerca greca”. E tutto cambia. Mai con una donna in vita sua, ecco che una bellissima ragazza greca, Chlöe, ha un colpo di fulmine e s’innamora di lui; oscurissimo lavoratore subalterno, diventa direttore generale della grande industria dove lavora; il vescovo lo chiama in un congresso mondiale della sua Chiesa; il presidente della Repubblica lo saluta per strada; gli regalano un piccolo castello in cui andare a vivere.

Il protagonista del romanzo “Greco cerca greca” (Adelphi, traduzione di Margherita Belardetti) di Friedrich Dürrenmatt, grande scrittore svizzero, è appunto un insignificante cittadino greco, un povero diavolo, un signor nessuno anche abbastanza strambo e perfettamente consapevole della sua completa nullità. Un fallito, anche se non disperato, appeso alla ineluttabilità della sua condizione. Naturalmente, dopo gli inspiegabili colpi di fortuna, approfitta subito della nuova situazione – abiti costosi, taxi, suite al Ritz – ma diventa preda di una nuova angoscia, quella appunto che deriva dalla fortuna che è poi il rovescio del malessere che viene dalla sfortuna: sfuggenti alla ragione entrambi.

«Accolga questi fatti con umiltàgli dice il Vescovo proprio come farebbe se si trattasse di disgrazie. Forse a lei toccherà prendere una via particolarmente difficile, la via della fortuna che alla maggior parte dell’umanità è negata». Seguono vicende tumultuose e chiaramente allegoriche in un fluire di quadri diremmo espressionistici. D’altronde qui siamo nella zona di Brecht, Kafka e Musil, in un diluvio di fatti irraccontabili in mezzo ai quali il povero Archilogos si dimena, vittima dell’assurdità di questo mondo, come un Buster Keaton perennemente sconfitto, e infatti precipita nel gorgo della volgarità umana e persino della violenza politica.

Fino, forse, a una resurrezione finale nel segno dell’amore, che non si sa quanto vera o anch’essa figlia della fantasiosa varietà della vita. Il vecchio presidente della Repubblica gli dice: «Il mondo è spaventoso e privo di sensi. La speranza che ci sia un senso dietro l’assurdo, dietro tutte queste cose spaventose la conservano solo quelli che, nonostante tutto, amano». Una goccia di vita nell’inferno. È un gioiello, questo di Dürrenmatt, geniale autore da riscoprire.