Ciò che sta accadendo in Francia è molto significativo anche per l’Italia. Qualunque cosa si pensi dell’azzardo con cui Macron ha portato il paese a elezioni anticipate, resta il fatto che questa decisione non è la causa, ma il risultato di una situazione politica grave, che il presidente ha giudicato, a torto o a ragione, insostenibile. La crescita del movimento di Marine Le Pen era da tempo costante e non bilanciata da altri partiti. Il tentativo di Macron, che doveva essere la cifra della sua presidenza e lo sarà certamente, ma in negativo, era quello di sostituire un nuovo soggetto politico alla diarchia gollisti-socialisti che aveva dominato il paese nel dopoguerra.

Il tentativo fallito

Questo tentativo è fallito, lasciando sempre più spazio alla destra lepenista, che già da tempo (da quando Le Pen padre riuscì ad andare al ballottaggio con Chirac) era uscita dalla sua marginalità. L’appello al blocco verso la destra funzionò allora, come funzionò nella seconda elezione di Macron. I gollisti continuarono però a declinare, i socialisti erano pressoché scomparsi, a favore di una sinistra radicalizzata, populista e antisemita come quella di Mélanchon; ma nel frattempo Macron perdeva consenso nel paese. Le elezioni europee hanno mostrato per la prima volta un Rassemblement National in grado di vincere le elezioni.

Il risultato delle legislative lo vedremo solo domenica prossima; ma anche se si riuscirà a impedire la maggioranza assoluta del RN, resta il problema aperto di un sistema politico privo di prospettiva. L’appello a fermare la destra può darsi che abbia ancora successo, grazie alle desistenze: tutto dipende da quanto gli elettori seguiranno le indicazioni dei partiti. In ogni caso, dovrebbe risultare chiaro che non si può fondare una prospettiva politica su questo appello. La scelta di formare il Nuovo fronte popolare, mettendo insieme tutte le sinistre, era inevitabile; ma non è una politica. Sappiamo bene che Glucksmann, che stava tentando di sviluppare un nuovo partito socialista, non potrà restare insieme a France Insoumise, e riprenderà la sua strada subito dopo le elezioni. Non sappiamo che fine faranno i macronisti.

Nessuna alternativa

Non si capisce quindi l’entusiasmo con cui una parte non piccola della nostra sinistra, e anche del Pd, vorrebbe ispirarsi a quest’esempio. Che non funziona per due motivi: perché la coalizione è del tutto priva di unità politica anche minima; perché ha come unico progetto quello di fermare la destra. Non un’alternativa, dunque, se alternativa significa un progetto di governo e di sviluppo del paese. In Italia, come in Francia, avremmo bisogno di costruire un’alleanza che abbia queste caratteristiche. I nostri cugini francesi non ne hanno avuto il tempo, data l’accelerazione di queste elezioni. Noi lo abbiamo, e dobbiamo lavorare in questo senso, sui temi che già sono emersi nel dibattito: la sanità, il lavoro, i salari. Lo sforzo da fare è quello di definire sempre più chiaramente un’alternativa di governo. In una battuta: più che alla Francia, servirebbe guardare alla Gran Bretagna.