La vicenda che scuote l'opinione pubblica
La frode polacca sul rilascio dei visti e l’avvertimento di Bruxelles a 20 giorni dalle elezioni: “L’Europa non è in vendita”
A Varsavia parlano di 250.000 concessioni dal 2021 in cambio di tangenti, per un importo di qualche migliaio di euro per ogni procedura. Secondo Tusk è “Il più grande scandalo del 21° secolo in Polonia”

No, cari amici polacchi, l’Europa non è in vendita: questo l’avvertimento di Bruxelles che è arrivato in settimana, chiaro e tondo, al governo di Varsavia, a una ventina di giorni dalle elezioni nazionali che si terranno il 15 ottobre.
I fatti. Il partito di centro di Piattaforma Civica, la coalizione guidata dall’ex primo ministro Donald Tusk e che tiene al suo interno popolari e liberali di Renew Europe, ha accusato il partito di governo PiS, quel “Diritto e Giustizia” che è membro dei conservatori europei e che esprime presidente e primo ministro, di aver nascosto e tollerato un sistema che, attraverso la rete di consolati polacchi in Africa e in Asia, nella sostanza vendeva visti per l’Europa, anche – ma non solo – attraverso procedure fittizie di “fast-track” e cioè di velocizzazione delle pratiche. Poiché la Polonia è membro di quello spazio Schengen che permette di viaggiare e lavorare in tutta Europa senza il passaporto, i visti rilasciati da Varsavia garantivano ovviamente il libero accesso ai 27 Stati membri dell’Unione europea, nonché alla Svizzera e all’Islanda. Il ministero degli Esteri polacco ha dichiarato che negli ultimi 30 mesi sono stati rilasciati quasi due milioni di visti: poco meno di un milione a cittadini ucraini, quasi 600.000 a bielorussi e i restanti alle altre nazionalità. I numeri, quindi, di possibili frodi nell’emissione dei visti potrebbero essere stati significativi.
Alcuni media polacchi hanno parlato di 250.000 visti concessi dal 2021 in cambio di tangenti, per un importo di qualche migliaio di euro ogni procedura. Tusk stesso ha parlato senza mezzi termini del “più grande scandalo del 21° secolo in Polonia”. La vicenda ha scosso l’opinione pubblica polacca a tre settimane dalle elezioni, anche perché – pur negando l’ampiezza dello scandalo – le reazioni del governo hanno indicato a tutti che il problema eccome se c’era: è stato licenziato il capo del servizio legale del Ministero degli Esteri, tutti i contratti di esternalizzazione delle domande di visto a società esterne sono stati annullati, il viceministro degli Esteri Piotr Wawrzyk è stato destituito ed è stato salvato settimana scorsa dai medici dopo quello che l’ospedale ha definito “un apparente tentativo di suicidio”. La corruzione, in realtà, sottolineano alcune ONG che si occupano di migranti, riguarderebbe anche i funzionari dei valichi di frontiera e delle dogane, in particolare con la Bulgaria: non sarebbe un caso che la Commissione Europea abbia velocizzato le pratiche per l’apertura a Sofia dell’area Schengen.
Non si sono fatte attendere le reazioni di Bruxelles oltre a quelle della politica polacca impegnata in una durissima campagna elettorale. È dell’altro ieri una lettera durissima al governo polacco di Ylva Johansson, commissaria europea per gli affari interni, in cui si chiede conto dello scandalo. “Le accuse sono molto preoccupanti e sollevano domande sul rispetto delle leggi dell’Unione Europea”, ha detto un portavoce della Commissione mercoledì pomeriggio, mentre la lettera di Johansson, che non è stata resa pubblica, contiene una “serie di domande dettagliate” e una richiesta di risposta tassativa entro il 3 ottobre.
Il governo ha tentato non solo di minimizzare, ma anche ha rilanciato sul tema dell’immigrazione puntando il dito su ciò che stava avvenendo a Lampedusa, tanto più che in concomitanza con le elezioni politiche, il presidente polacco ha convocato un referendum sui nuovi accordi che l’Europa ha varato a giugno sui migranti, accordi che porrebbero fine ai meccanismi per noi perversi degli accordi di Dublino. Sono questi gli accordi che, come scrivevamo nei giorni scorsi, sono bloccati proprio a causa dell’opposizione in Consiglio Europeo di Polonia ed Ungheria. Insomma, i sovranisti, amici della nostra Premier, svelano la loro maschera peggiore: si oppongono a rivedere i trattati di Dublino, si rifiutano di accogliere i migranti che arrivano sulle coste del Mediterraneo, ma alla fine poi si scopre che fanno affari direttamente sulla pelle di chi vuole entrare in Europa. La figura è davvero pessima, in Polonia e all’estero: quanto questo influirà sull’esito del voto polacco, abbastanza importante per gli equilibri della prossima legislatura europea, lo scopriremo tra qualche settimana.
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