Prima premessa: Vincenzo De Luca ha nominato la nuova giunta regionale a tempo di record e questo è un bene. Seconda premessa: gli elettori hanno dimostrato di apprezzare il progetto politico e amministrativo del governatore, confermandolo alla guida di Palazzo Santa Lucia con un voto plebiscitario. Detto ciò, non si può non notare come in Campania operino di fatto due giunte. C’è un esecutivo “legale” o “formale”, che è quello appena delineato da De Luca e del quale fanno parte i dieci assessori appena designati, e un esecutivo “reale” o “sostanziale”, composto dai consiglieri del presidente nelle materie di cui quest’ultimo ha scelto di occuparsi in prima persona. La questione può sembrare di lana caprina. Invece non lo è, soprattutto in una fase storica in cui i governatori sono protagonisti della scena pubblica e le Regioni rivestono un ruolo decisivo nell’impalcatura istituzionale del Paese.

Gli italiani hanno affrontato l’emergenza sanitaria ed economica provocata dal Covid-19 con la certezza che le Regioni fossero da abolire perché fonti di sprechi, incapaci di formare una valida classe dirigente e non attrezzate per affrontare la pandemia. I fatti hanno smentito gli scettici e se oggi il numero di contagi ci dice che l’Italia versa in condizioni migliori rispetto a quelle dei Paesi vicini, il merito è anche delle Regioni. A confermarlo sono stati gli elettori che hanno premiato tutti i governatori in carica durante la fase più acuta della pandemia. Il risultato è che i presidenti di Regione, fino a qualche mese fa considerati figure marginali nel quadro complessivo delle istituzioni, appaiono oggi determinanti. Insomma, allo stato attuale non si può fare a meno delle Regioni e ciò impone un ragionamento sulla loro struttura.

In questo senso il modello che De Luca ha affermato negli ultimi cinque anni e che si appresta a riproporre per il suo secondo mandato è di particolare interesse. È un modello “presidenzialista”, cioè che tende ad accentrare nel governatore le decisioni nelle materie più delicate. Non è un caso che, pur avendo formalmente nominato dieci assessori e assegnato loro le deleghe più disparate, De Luca abbia tenuto per sé le competenze su sanità e trasporti. In queste materie il governatore intende decidere in prima persona, magari avvalendosi del supporto di fedelissimi come Enrico Coscioni e Luca Cascone che sono stati suoi consiglieri negli ultimi cinque anni e che, se non sono assessori “di diritto”, lo sono “di fatto”. Lo sdoppiamento è evidente tra giunta “formale” ed esecutivo “ombra”, dunque, è evidente.

Questo assetto pone problemi non solo di trasparenza, ma anche di costi e di burocrazia. Chi decide veramente e in base a quali procedure? Lo spazio concesso ai fedelissimi del governatore in materie come sanità e trasporti non determina un aumento di costi, tempi di decisione e pastoie burocratiche? È inevitabile affiancare alla giunta “formale” una giunta “ombra”? Se sì, che senso ha nominare ufficialmente ben dieci assessori e assegnare non più di una o due deleghe ciascuno? Questi interrogativi meritano una risposta così come l’assetto delle Regioni impone una riflessione più ampia e approfondita. Perché ciò che serve ai campani è una macchina amministrativa efficace ed efficiente. Lo impone non solo la delicata fase storica che ci apprestiamo ad attraversare, ma anche lo stesso consenso che gli elettori hanno tributato a De Luca.

Avatar photo

Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.