Si chiama Nicoletta Dosio, ha 73 anni, è una professoressa di latino e greco al liceo, ma da tre anni è in pensione. È sempre stata molto impegnata in politica ed è una No-Tav. Cioè si oppone alla costruzione della linea ferroviaria veloce tra Torino e Lione che attraversa la Val di Susa e perfora il Moncenisio.

Da più di dieci anni esiste il movimento No-Tav, e organizza proteste, manifestazioni, cortei. Raramente ha manifestato usando la violenza. Sicuramente non ha compiuto nessun gesto di violenza in quel giorno di primavera del 2012 (sette anni fa) quando Nicoletta Dosio partecipò, all’epoca sessantenne, a una manifestazione davanti a un casello dell’autostrada Torino-Bardonecchia. Erano un centinaio di persone e misero fuori gioco le barriere autostradali, per una quarantina di minuti, permettendo agli automobilisti di uscire gratis dall’autostrada.

È una cosa bella aprire le barriere dell’autostrada? È un bel gesto danneggiare la società che la gestisce? Non so, non mi pare la domanda giusta. La domanda giusta è un’altra: è ragionevole mettere in prigione una signora di 73 anni che ha partecipato a una manifestazione nella quale si facevano cose proibite? Fare una cosa proibita, cioè disobbedire, è quasi sempre illegale, non sempre è disdicevole, raramente è una cosa gravissima. In questo caso non lo era. Comunque la signora Dosio è stata mandata a processo.

Indagini preliminari, primo e secondo grado, Cassazione, un bel pacchetto di soldi investiti in questa azione penale e, naturalmente, un tribunale un po’ intasato. Ma tutto questo è materia per politici. Poniamo invece il problema di diritto. La professoressa Dosio è stata condannata a 1 anno di prigione. È incensurata. Nemmeno si discute sulla condizionale, è automatica. E invece i giudici hanno negato la condizionale con l’argomento che Nicoletta Dosio è sovversiva e pericolosa. Siamo matti? Roba da tribunali speciali fascisti. Forse davvero stiamo entrando, senza accorgercene, in un tunnel autoritario dentro al quale non c’è scampo per nessuno.

Militanti politici di sinistra, autori di piccoli reati, politici, ministri, sindacalisti: tutti a rischio, tutti vittime potenziali di una società che non si fonda più né sulla politica, né sul buonsenso, né tantomeno sulla cultura, ma solo sul populismo penale più esagerato e paradossale. Nicoletta Dosio, dopo la condanna in Cassazione, ha detto che lei non intendeva chiedere le misure alternative. Che se lo Stato riteneva di dover catturare una sovversiva pericolosa, lo facesse.

E così quando nei giorni scorsi si sono presentati a casa sua i carabinieri, un po’ goffi, per controllare che la sua abitazione fosse adatta a ospitare una persona ai domiciliari, lei ha spiegato di non avere mai chiesto i domiciliari e dunque che non era potere di nessuno assegnarglieli. I carabinieri se ne sono andati con la coda tra le gambe e sono andati a chiedere chiarimenti al giudice di sorveglianza. Il quale, possiamo immaginare, finito suo malgrado in questo vicolo cieco, non ha saputo fare altro che ordinare l’arresto. Che è avvenuto ieri sera. Ora Nicoletta passerà capodanno in cella. Vediamo se qualcun interverrà. Forse l’unico che può farlo è Mattarella. Farebbe bene a farlo già nel discorso di stasera.

Non è questione di essere favorevoli o contrari alla Tav. Non c’entra niente. Il problema è se consideriamo ancora legittima la lotta politica – nostra o dei nostri avversari – o se preferiamo affidare tutto alle Procure.