Il sovraffollamento, il carcere, i processi lunghi, la funzione della pena rieducativa e non vendicativa. Anche per il procuratore di Salerno, Giuseppe Borrelli, «il sistema penale è al collasso e mostra di accanirsi sugli autori di reati marginali». La giustizia rischia così di diventare meno giusta, la pena di perdere la sua reale funzione. «Il sistema non corrisponde al dettato costituzionale perché le condizioni in cui esso funziona, e in cui sono costretti a lavorare gli operatori, sono oggettivamente insostenibili». Di qui l’incompatibilità che si genera con la funzione costituzionale della pena. «In queste condizioni non è possibile che all’interno del carcere si svolga un’attività di rieducazione del condannato e, quando una finalità di rieducazione si verifica, è per fatti propri, non perché il sistema crea le condizioni affinché questo accada», spiega il procuratore che conosce bene la realtà del territorio.

Borrelli è magistrato di lunga esperienza e, prima di assumere la guida della Procura di Salerno, è stato per molti anni capo della Direzione distrettuale antimafia napoletana. Per il procuratore «il sistema è al collasso e determina la proliferazione anche all’interno del carcere di situazioni di illegalità». «Una situazione – aggiunge il pm – che affligge di più le fasce marginali». Se a ciò si aggiungono le lungaggini del nostro sistema processuale, vi è il rischio di una detenzione in chiave vendicativa, «del tutto incompatibile con la nostra Costituzione», sottolinea Borrelli intervenendo alla presentazione del report 2020 sulle criticità e buone prassi dei luoghi di privazione della libertà personale nel Salernitano, realizzato dal garante campano Samuele Ciambriello in collaborazione con l’Osservatorio regionale sulla vita detentiva. Quale soluzione è possibile? «Una soluzione politica, ma è difficile da immaginare perché il vento spira in direzione opposta e non da oggi: è da anni che il sistema penale si impoverisce proprio verso le fasce di criminalità marginale. È necessario – conclude Borrelli – un clima culturale diverso».

La presentazione del report è stata anche l’occasione per fare un quadro più aggiornato della situazione: attualmente la popolazione carceraria in Italia è composta da 53mila persone, 10mila dei quali in cella per associazione a delinquere, in maggioranza tossicodipendenti, e da 56mila in area penale esterna. In Campania si contano 6.501 detenuti in carcere e 6.700 persone in area penale esterna. «Più che di legalità bisognerebbe parlare di responsabilità», dice Ciambriello sottolineando l’importanza della rieducazione dei detenuti anche per ridurre le recidive. Per monsignor Andrea Bellandi, «per il reinserimento dei detenuti nella società occorre creare condizioni ben precise». «Non si può privare un uomo della sua dignità anche se ha commesso il più odioso dei reati», ricorda Monica Amirante, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Salerno.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).