A un’impresa conviene investire nella natura? La risposta è certamente positiva se si analizzano i numeri sull’economia dei parchi nazionali e delle aree marine protette d’Italia. Anzi, spulciando gli ultimi dati elaborati dal Ministero dell’Ambiente e da Unioncamere emerge come molti territori beneficino del cosiddetto “effetto parco”, cioè di quella spinta all’economia che deriva proprio dalla tutela e dalla valorizzazione delle risorse naturali. Ne sono una dimostrazione i due parchi nazionali della Campania, cioè quello del Cilento e quello del Vesuvio. In generale, a livello nazionale, per ogni euro investito nell’economia dei parchi se ne attivano 0,8 sull’intera economia. Il che vuol dire che i circa dieci miliardi di valore aggiunto prodotti nell’ambito dei parchi ne generano almeno altri otto. Entrando nello specifico delle singole aree naturali protette, quella del Cilento fa segnare un moltiplicatore pari a 0,9 che rappresenta uno dei valori più alti a livello nazionale.

In quell’area, che si estende su una superficie di oltre 181mila ettari e comprende al proprio interno 80 comuni, il valore aggiunto diretto prodotto dalle imprese è pari a un miliardo e 128milioni di euro. A questi si aggiungono altri 964 milioni ottenuti grazie al cosiddetto effetto parco, col risultato che la ricchezza complessivamente prodotta sfiora i due miliardi e cento milioni. Un precedente report, stilato sempre da Unioncamere e dal Ministero dell’Ambiente, confermava il grande impatto dell’economia green sulle località comprese nel parco del Cilento. Fino al 2015, infatti, si presentava come l’area protetta col maggior numero di imprese (circa 12mila) e come uno di quelle che contribuivano maggiormente alla formazione del valore aggiunto complessivo di tutti i parchi nazionali (poco meno del 14%).

Decisive per il conseguimento di certi risultati erano – e sono tutt’oggi – le presenze turistiche: le spiagge da sogno, molte delle quali premiate con la Bandiera Blu per la pulizia delle acque e la qualità dei servizi offerti ai bagnanti, attirano ogni anno circa quattro milioni di turisti provenienti da ogni parte del mondo. Chi crede che fare economia nelle aree naturali protette sia impossibile, quindi, si sbaglia di grosso. E lo dimostra anche il parco del Vesuvio, addirittura terzo in Italia per numero di aziende (circa 8mila e 700) e per incidenza di imprese giovanili (16,4%). Anzi, se si analizza l’impatto che la tutela delle risorse naturali produce sulla produzione di valore aggiunto, quello del Vesuvio è il parco dal maggiore peso economico: genera un valore aggiunto di ben un miliardo in termini diretti e poco meno di 880 milioni in termini di attivazione.

Anche in questo caso incide positivamente il turismo, grazie alla presenza del cratere del Vesuvio che rappresenta una delle maggiori attrattive in Campania: nel 2019 oltre 756mila persone hanno visitato il Gran Cono, facendo segnare 90mila ingressi in più rispetto al 2018. Certo, anche l’economia dei parchi nazionali sta facendo e continuerà a fare i conti con gli effetti del lockdown e delle restrizioni alla mobilità che hanno quasi azzerato le presenze di ospiti stranieri nelle province di Napoli e di Salerno. Ma non c’è dubbio che il parco del Vesuvio, con i 13 comuni compresi al suo interno, e quello del Cilento possano ripartire proprio da qui: tutela del verde, protezione del mare, sviluppo della rete sentieristica, agricoltura, commercio, potenziamento dei servizi ai bagnanti, ristorazione d’eccellenza possono rappresentare la strategia ideale per mettersi alle spalle anche una crisi durissima come quella innescata dal Coronavirus.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.