La guerra aperta tra i candidati Usa: Kamala Harris regina delle minoranze, Trump ogni giorno prende le distanze da Putin

Il campo di battaglia americano è sempre più imprevedibile. Il primo round vede la scazzottata tra i due aspiranti vicepresidenti, cioè Vance, running mate di Donald Trump, e Tim Walz, il compagno di Kamala Harris. La Harris per il momento vince: ha fatto il pieno di tutte le minoranze, dagli indiani dell’India ai nativi americani, ai neri, ai latini o alle persone LGBTQ+. La Harris è la figura politica più imitata dai comici: quando dovrebbe concludere un ragionamento, scoppia a ridere come se chiamasse tutti a convenire che la cosa migliore è farsi una bella risata e passare ad altro. I social ne sono pieni. Ma il suo successo è fondato sull’odio che Trump attira. Basti pensare alla gente in strada che dice semplicemente “Voterò Kamala Harris perché tutto è meglio di Trump. Preferirei spararmi piuttosto che rivederlo alla Casa Bianca”.

Anche Tim Walz, in ticket con Kamala Harris, sta passando i suoi guai. Ogni candidato, infatti, viene setacciato in tutti gli aspetti della sua vita passata, e Donald Trump lo ha accusato di essersi fatto passare per un eroe militare senza aver mai visto un campo di battaglia, nemmeno durante la guerra in Iraq. Walz ha pronunciato una frase che gli è costata cara: “Io sono un fautore dell’uso responsabile delle armi, sono un cacciatore e non credo che si debba impedire agli americani di essere fedeli al secondo emendamento della costituzione. Però certe armi, come quelle a ripetizione per uso militare, io le ho viste soltanto sul campo di battaglia mentre purtroppo ne girano molte tra i civili”. Non l’avesse mai detto: quale campo di battaglia? Dove mai Tim Walz si è trovato in una combat zone dove c’era da rischiare la vita?. Mai, risponde Trump, perché il candidato vicepresidente per il partito democratico si è ben guardato dall’incappare in situazioni militari difficili. E Walz è stato costretto a girare la frittata: “Volevo solo dire che le armi militari vanno usate soltanto per scopi militari, non civili”, lasciando aperto lo strascico di polemiche sulla sua lealtà e sincerità.

Era stato presentato come un saggio governatore luterano di discendenza tedesca dal temperamento gioioso, un professore di liceo, un deputato di lungo corso, un governatore amato e un grande sportivo, sia come giocatore che come allenatore capace di vincere uno scudetto. Un uomo saggio delle grandi pianure, avversario di altri uomini delle pianure: quelli di Trump che considerano sé stessi delle minoranze indifese. Per loro, il campione dei bianchi rozzi e cattivi è semmai proprio Vance, che prima di passare nelle fila di Trump divenne famoso come scrittore di un memoir sulla sua gente e la sua vita, un libro tradotto anche in italiano col titolo “Elegia americana”, e di cui esiste anche la versione cinematografica. Il libro è la biografia stessa del futuro uomo politico che si descrive come un ragazzotto maltrattato da tutti i membri della sua famiglia e della sua società, così come ogni individuo del popolo della pianura ingrassato da birra e popcorn.

Che il libro sia bello, che abbia una validità letteraria e che abbia venduto centinaia di migliaia di copie in tutto il mondo, specialmente in Cina, è un dato di fatto, ma il governatore Walz ha deciso di attaccare Vance proprio per la sua opera d’arte: “Quest’uomo ha fatto l’università con i soldi dei miliardari e lui come ha ricambiato la società che lo ha portato alla laurea e alla politica? Scrivendo un ignobile libro in cui deride la sua stessa gente, descrivendola come ignorante, corrotta, drogata e priva di spirito civico. C’mon! Suvvia! E ora di chiudere questa presa in giro: quando verrai qui ti farò rimpiangere tutte le mascalzonate che hai fatto”. Ma anche Walz ha i suoi scheletri nell’armadio e riguardano la Cina: quest’uomo tutto casa chiesa, caccia e pesca, scuola e uniforme militare, ha passato anni in Cina compiendo almeno 30 viaggi durante i quali ha anche insegnato in alcune scuole cinesi. Nulla di male per carità, ma come mai non se ne è parlato, di questa familiarità con la Cina? Donald Trump ne ha preso nota, e sarà sicuramente uno degli argomenti del primo dibattito previsto per il 10 settembre, quando i due sfidanti per la Casa Bianca si affronteranno e comincerà il vero round finale che, secondo molti analisti, potrebbe portare ad una spaccatura nella società americana ancora più profonda di quanto non si immaginasse.

Sempre più spesso si legge sui social che l’America è divisa in due come ai tempi della guerra civile, quando fu eletto Lincoln e i sudisti lasciarono l’unione. Trump viene descritto come distratto e con idee poco chiare dopo la nomina per i democratici di Kamala Harris, e ha resistito agli insistenti pressioni dei suoi finanziatori riuniti a Mar-a-lago che gli hanno chiesto di ammorbidire i toni e guadagnare punti sul fronte della ragionevolezza. Trump ha risposto: “Io sono io e sono fatto così”. Appendice: Trump prende giorno dopo giorno le distanze da Putin e ha diffuso una dichiarazione su YouTube in cui si rivolge a Vladimir chiamandolo “tesoro mio”, apple of my eye, in cui gli dice: “Ti avevo implorato di non invadere l’Ucraina. Ma tu l’hai fatto ed è una sciocchezza enorme. E ti accorgerai di quanto saranno gravi le conseguenze delle tue azioni. Prima ancora di entrare nello Studio Ovale chiuderò questa guerra e tu, caro Vladimir, ti accorgerai dell’errore che hai fatto”. Non sono più parole amichevoli e concessive come in passato, e questo nuovo atteggiamento si accompagna col fatto che Zelensky gli ha telefonato chiamandolo “grande amico mio” e che lo stesso presidente ucraino stia invadendo la Russia, costringendo Vladimir Putin a balbettare davanti alle telecamere.