La sfida tra Iran e Israele è anche una guerra di spie. Lo sa bene Tehran, che negli ultimi anni e in particolare negli ultimi mesi ha subìto colpi pesantissimi sia nel suo “Asse della Resistenza” sia nel cuore della Repubblica islamica. Il Mossad è riuscito a penetrare in molti segmenti del potere. E tra omicidi mirati, sabotaggi, operazioni come quella dei cercapersone contro Hezbollah, a Tehran temono che l’infiltrazione nemica sia molto profonda. Un duello all’ombra e alla luce del sole, in cui Israele ha un evidente vantaggio. Tehran ha incassato i colpi, non senza terremoti che hanno scosso soprattutto la Guida suprema Ali Khamenei e i Pasdaran. Ma nello stesso tempo la Repubblica islamica ha provato a fare qualcosa, cercando a sua volta di inserirsi nella macchina dello Stato ebraico. Israele lo sa. E per questo ha alzato il livello d’allerta.

Il controspionaggio di Tehran: scoperta cellula in Israele

Il controspionaggio monitora ogni traccia. E in soli due giorni, la polizia e lo Shin Bet (l’agenzia di sicurezza interna) hanno inferto due colpi durissimi alla rete di spie per conto dell’Iran. Lunedì è stata sgominata una cellula di sette israeliani di origine azera che ad Haifa e dintorni fotografavano e raccoglievano informazioni su alcune strutture delle forze armate, come il quartier generale di Kirya a Tel Aviv, le basi aeree di Nevatim e Ramat David e i siti dove sono le batterie di Iron Dome. Tutti dati che sarebbero poi stati inviati tramite alcuni canali specifici a Tehran. Mentre ieri altre sette persone (palestinesi, di cui sei cittadini israeliani e uno residente permanente) sono state arrestate a Gerusalemme Est. Si tratta di giovani, tutti tra i 19 e i 23 anni. Nessuno di loro aveva precedenti penali o era sospettato per qualche attività pericolosa per la pubblica sicurezza, e vivevano tutti nel quartiere di Beit Hanina.

Gli iraniani avevano reclutato direttamente solo il capo di questa banda, Rami Alian, il più “anziano”. Poi era stato lui ad arruolare gli altri sei e a gestire gli ordini che arrivavano dall’agente di collegamento iraniano. Una cellula particolare, che passava da compiti più semplici ad alcuni molto più complessi. Quando li hanno arrestati, la polizia ha scoperto che volevano assassinare uno scienziato nucleare israeliano e un sindaco di una non precisata città della parte centrale dello Stato ebraico. Ma altre volte, la loro missione consisteva anche solo nello scrivere sui muri, oppure bruciare un’automobile o fare delle fotografie di luoghi sensibili.

Il dato preoccupante per Israele

Non si tratta di una rete paragonabile a quella del Mossad, né pericolosa come i loro informatori che agiscono nel cuore di Tehran, o nei centri di comando della Repubblica islamica o nelle principali città del paese. Non sono state messe in atto operazioni devastanti come quelle dell’Intelligence israeliana, e anche l’inesperienza delle persone reclutate dimostra una certa fragilità della macchina di “spie” legata agli ayatollah. Tuttavia per Israele si tratta di un dato che preoccupa, soprattutto perché da qualche mese le scoperte di uomini legati all’Iran e che si muovono all’interno dello Stato ebraico sono sensibilmente aumentati. I servizi di sicurezza da tempo segnalano l’aumento delle attività di reclutamento iraniana dentro i confini dello Stato di Israele. E quello che preoccupa il governo di Benjamin Netanyahu è soprattutto la possibilità che Tehran recluti agenti o informatori all’interno dei territori palestinesi, in particolare in Cisgiordania. Non è un mistero che l’Iran abbia più di una leva all’intero della West Bank. Anche l’Autorità nazionale palestinese ha lanciato l’allarme sulla crescita dell’influenza iraniana nella regione. Inoltre, in questo conflitto su più fronti, gli agenti iraniani possono sfruttare le loro leve per individuare obiettivi sensibili, aiutare le milizie (soprattutto Hezbollah) nel selezionare i target per gli attacchi, o anche solo mettere pressione al governo sul fronte interno.

La partita a Nord – dove proseguono i raid e l’invasione – non è affatto semplice, con il Partito di Dio libanese che continua a lanciare missili e droni e che ha anche rivendicato l’attacco alla residenza di Netanyahu. Hamas, decapitata, resiste nei campi profughi e rende impossibile all’Idf spostare forze dalla Striscia. Antony Blinken, arrivato nel paese, prova a rimettere in moto la lenta e farraginosa macchina dei negoziati per gli ostaggi e la tregua sui due fronti. E la rete di agenti iraniani può essere un nuovo dossier bollente per la sicurezza di Israele.