Ecco, s’avanza uno strano sospetto: che il titanico conflitto tra capitalismo e socialismo che chiamiamo “guerra fredda” sia una bufala. O meglio: era vera e minacciosa, ma non aveva nulla di ideologico perché si trattava sempre di una minaccia militare russa quale che fosse il suo nome geografico, per portare il suo “aiuto fraterno” a chi cerca di sfuggire alle sue grinfie. È necessario aver vissuto abbastanza per conservare non soltanto il ricordo, ma il terrore, l’angoscia, l’immanenza di un mostro mascherato da ideologia.

Io ricordo bene e le ho vissute tutte perché sono nato quando Mussolini dichiarava guerra a tutto il mondo. E a quell’epoca l’Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche era alleata della Germania di Hitler insieme al quale aveva dato inizio alla Seconda guerra mondiale. Chi rilutta può ancora leggere sulla Pravda gli auguri deliranti di Stalin ad Hitler per il suo compleanno e la sua gioia di fronte alla presa di Parigi. Tutto certo, ma rimosso. Avete presente la rimozione nella psicoanalisi? Si prende un passato disonorevole, lo si copre con una tovaglia, un vaso di fiori ed è fatta. Quando Stalin rimuoveva qualcuno, al suo posto appariva una pianta.

La guerra delle ideologie è stata una balla: da una parte la superpotenza imperiale russa e dall’altra il mondo che non ha mai perso la libertà di dire, scrivere e sapere quel che gli pare e comunque la pensi. Il travestimento delle due ideologie è un’attrezzatura teatrale per poter usare i partiti comunisti occidentali come utili strumenti per questioni militari come gli euromissili. La balla del titanico scontro delle ideologie collettiviste e individualiste ha fatto comodo un po’ a tutti ma ai vertici politici del mondo tutti sapevano che era falsa, ma che tornava utile per attenuare la vocazione puramente militare e aggressiva russa, quella che vedete, quella che vediamo. La continuità storica mostra che la Russia sotto nomi diversi è militarmente scatenata contro l’Occidente – e lo dice con le parole dell’impagabile signor Dmitrij Anatolievic Medvedev, usando oggi sempre gli stessi slogan paranoici e apocalittici e tenendo in piedi una “intelligence” un po’ Gestapo e un po’ Santa Inquisizione, che ai tempi degli zar si chiamava Ochrana e poi Ceka, creata dal rivoluzionario nobile polacco Feliks Dzerzinskij, e poi Ghepeu, Mkvd, Nkvd (famosa per aver consegnato alla Gestapo sul ponte di Brest Litovsk tutti i membri del Partito comunista tedesco e gli ebrei esuli in Urss) e poi col brand di Kgb, da cui nasce l’attuale presidente russo.

Putin fa come le sue “operazioni militari speciali”, così come i suoi predecessori russi le fecero contro la Germania Est in sciopero, a Budapest contro studenti e operai, a Praga, e costringendo la Polonia a farsi un auto-colpo di Stato. Infine, l’Afganistan e la prima rovina. Putin ha iniziato con una repressione sanguinaria in Cecenia, e poi in Georgia, e tre volte in Ucraina. Per la memoria: Il primo governo sovietico attaccò la neonata Polonia nel 1920 che poi la riattaccherà di nuovo il 17 settembre del 1939 come alleata di Hitler, e subito dopo contro la Finlandia e i Paesi baltici. Quella che chiamiamo “guerra fredda” cominciò un minuto prima dell’assalto sovietico a Berlino: ai russi fu riconosciuto il privilegio di prendere la capitale del Terzo Reich, ma l’Armata Rossa, anziché scattare, prima inviò distaccamenti del Nkvd nei paesi destinati a diventare suoi satelliti per liquidare la maggior parte degli antifascisti non comunisti.

I comandanti occidentali seppero ciò che era successo e discussero se non fosse il caso, dopo Berlino, di procedere su Mosca. Prevalse il no ma, ogni fiducia verso gli ex alleati russi finì. E fu subito chiaro che l’Urss voleva conquistare usando la forza e non per seminare la buona novella di Carlo Marx. E così Putin ha attaccato i ceceni, la Siria con immense stragi, la Georgia per prendersi l’Ossezia, l’Ucraina per avere prima la Crimea, il Donbass e infine tutta l’Ucraina. Winston Churchill – che era corso ad abbracciare Stalin quando fu tradito dai tedeschi – inventò l’espressione “iron courtain”, la cortina di ferro che arrivava (fino al 1948) a Trieste e che fu l’incubo della nostra infanzia e adolescenza. La Russia sovietica non cessò mai di produrre armi atomiche e minacciarne l’uso, esattamente ciò che apertamente dichiara di voler realizzare Vladimir Vladimirovic Putin: riavere a tutti i territori (e con qualsiasi mezzo) che nel passato anche zarista sono stato russi e lo dice apertamente ogni giorno. Bisogna essere molto sordi per non sentirlo.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.