L’esercito somalo ha portato avanti una serie di operazioni anti-terrorismo nelle ultime settimane cercando di sradicare i fondamentalisti islamici che infestano il paese del Corno d’Africa. Utilizzando in appoggio anche milizie locali le forze speciali somale hanno attaccato una roccaforte di un gruppo affiliato con Al-Shabaab nelle regioni centrali di Galgaduud e Medio Scebeli, uccidendo circa 40 miliziani e diversi leader. Negli stessi giorni un altro reparto delle forze di polizia somala, insieme a forze internazionali, ha attaccato la foresta di Fiqaay dove si annidavano miliziani kharagiti che da tempo si sono uniti agli Al-Shabaab. In queste due operazioni le forze armate somale sono riuscite a distruggere anche molti mezzi militari e a decapitare il movimento kharagita uccidendo alcuni dei suoi più importanti elementi.

La risposta degli estremisti islamici non si è però fatta attendere ed il giorno seguente al confine fra Somalia e Kenya sono stati uccisi sei venditori ambulanti, tutti di fede cristiana. La regione di confine che fa parte della contea di Garissa è pesantemente infiltrata dal terrorismo somalo ed in passato sono stati tanti gli atti di violenza perpetrati in questa area. I sei ambulanti erano lavoranti transfrontalieri e stavano attraversando il confine come ogni giorno, quando un’auto è arrivata a tutta velocità ed un commando di uomini con il volto coperto ha iniziato ad aprire il fuoco.

Quattro uomini sono morti sul colpo, mentre altri due sono spirati poco dopo nel locale ospedale. Non c’è stata ancora una rivendicazione ufficiale, ma tutti i sospetti vanno verso i fondamentalisti islamici. Questi uomini appartengono tutti ad una tribù cristiana che vive nella regione e già in passato sono stati accusati di fare proselitismo in una zona a maggioranza musulmana. La porosità e la fragilità del confine fra Kenya e Somalia è un grave problema da molti anni ed il governo di Nairobi ha cercato di aumentare la presenza militari in questa delicata area. Esattamente nove anni fa, nell’aprile del 2015, i terroristi di Al-Shabaab attaccarono l’università di Garissa uccidendo 148 persone.

L’attacco si sviluppò all’alba quando un gruppo di guerriglieri fece irruzione nel campus universitario, dopo aver ucciso il personale di sorveglianza, ed iniziò ad interrogare gli studenti per capire quale religione professassero. Tutti i cristiani vennero trucidati all’istante e le forze speciali keniote impiegarono tutta la giornata per liberare i superstiti. Quello di Garissa fu uno dei peggiori episodi anche in una regione complicata come quella al confine fra Kenya e Somalia, ma la minaccia del fondamentalismo islamico resta ancora oggi molto pericolosa. Il governo somalo resta debole e mantiene il controllo soltanto sulla capitale e la regione centrale. Nelle province più lontane da Mogadiscio l’ordine viene mantenuto dalle milizie tribali che cambiano spesso alleanze e che malsopportano la presenza di contingenti internazionali sul proprio territorio. La stabilità della Somalia resta però un fondamentale obiettivo regionale che deve essere perseguito con forza soprattutto dall’Unione Africana che fa base nella vicina Etiopia.

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Matteo Giusti, giornalista professionista, africanista e scrittore, collabora con Limes, Domino, Panorama, Il Manifesto, Il Corriere del Ticino e la Rai. Ha maturato una grande conoscenza del continente africano che ha visitato ed analizzato molte volte, anche grazie a contatti con la popolazione locale. Ha pubblicato nel 2021 il libro L’Omicidio Attanasio, morte di una ambasciatore e nel 2022 La Loro Africa, le nuove potenze contro la vecchia Europa entrambi editi da Castelvecchi