Lo studio
“La lattoferrina può combattere il Covid”, la scoperta tra i dubbi della comunità scientifica

“Il virus Sars-Cov 2 si alimenta del ferro presente nell’organismo umano. La lattoferina riduce il ferro e quindi mette il virus in posizione di svantaggio”. È questa la scoperta fatta da Elena Campione, ricercatrice e ordinaria di dermatologia all’Università di Tor Vergata.
Come riportato da Repubblica, la ricercatrice a marzo ha iniziato a ragionare sul motivo per cui a contagiarsi più facilmente fossero gli anziani più che i bambini. “Tutti noi – ha spiegato – veniamo al mondo con una immunità innata. E prima di compiere il terzo mese, i bambini non ricevono altra protezione che il latte della mamma. E proprio la lattoferrina è una proteina contenuta anche all’interno del latte materno”.
Per questo motivo la lattoferrina potenzia una immunità innata nell’organismo. Ma Campione avverte che questa non può essere la svolta nella lotta contro il coronavirus, per quello solo il vaccino può essere utile. “Tuttavia l’utilizzo di lattoferrina – spiega secondo quanto studiato – ha due effetti: il primo in chiave di prevenzione, rendendoci molto più forti e quindi meno vulnerabili al contagio; il secondo in chiave di cura, perché abbiamo dimostrato che rispetto ai tempi medi di guarigione che arrivano anche a 30, 32 giorni, i pazienti ai quali viene somministrata anche la lattoferrina si negativizzano dopo 12 giorni”.
Lo studio è stato condotto da circa cento positivi con sintomi lievi o asintomatici curati esclusivamente con la lattoferrina. Poi lo studio è stato pubblicato sull’International Journal of Molecular Sciences. Ma lo studio continua verso nuove scoperte.
Ma sull’evidenza dello studio si è aperto un dibattito tra gli scienziati. Ad aprirlo è Enrico Bucci, Biologo, Adjunct Professor presso la Temple University di Philadelphia: “Il tutto si basa su una pubblicazione (https://www.mdpi.com/1422-0067/21/14/4903/htm), la quale oltre a non contenere alcun dato sperimentale originale (aspirerebbe ad essere una sorta di review qualitativa) è di livello così basso da contenere una serie di marchiani errori – scrive su Facebook – Vi faccio qualche esempio: la tabella 1, che dovrebbe elencare gli studi clinici che hanno dimostrato una qualunque (!) attività della lattoferrina, contiene anche studi che non c’entrano assolutamente nulla, come uno studio sull’irrigazione nasale con soluzione salina o xilitolo dei veterani della guerra del golfo (vedi tabella in figura, box rosso). Oltretutto, quello studio non è stato condotto su 40 pazienti, almeno a giudicare dal link postato dagli autori, ma su 75; ma questi sono particolari …
La stessa tabella contiene anche uno studio sull’effetto di un gel boccale disinfettante (Biotene), che non contiene lattoferrina, incluso chissà perchè nella lista (box arancione, tabella in figura); sicuramente gli autori avranno intravisto anche in questo trial una qualche relazione con il COVID o con la lattoferrina, ma al lettore questa importantissima scoperta non viene illustrata …
Ora, senza dati sperimentali, selezionando studi a caso, senza l’ombra di un’analisi statistica o di una semiquantitativa, si pretende di dare supporto ad una serie di affermazioni più o meno vaghe, per usare la lattoferrina contro COVID-19? È chiaro che lavori così non passerebbero mai il vaglio di una revisione seria, ma ai tempi della pandemia un posticino lo si trova sempre”.
In effetti la lattoferrina ha avuto un boom nel consumo mondiale grazie alle ipotesi di questo tipo con conseguenti notevoli profitti per le aziende produttrici: “altro che smontare il business di Big Pharma, Comunque, nonostante il consumo alle stelle in molte nazioni, non mi pare affatto di notare un decremento delle infezioni o un effetto qualunque sulla pandemia …”, conclude Bucci.
“Non esiste nessuna evidenza clinica dell’utilità della lattoferrina nel prevenire o curare COVID-19 – ha incalzato Roberto Burioni – Chi sostiene il contrario, invece di insultarmi, dovrebbe indicare i riferimenti bibliografici che dimostrano questa utilità. Ma non ci sono e non può farlo. Per cui taccia. Fino all’arrivo di questi riferimenti bibliografici il discorso è chiuso, perché diffondere queste false notizie che illudono i pazienti serve solo a promuovere interessi di professionisti con pochi scrupoli”.
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