Venti e tamburi di guerra echeggiano e si trasformano in messaggi politici sia criptati che (quasi) in chiaro. Per Salvini sembra che le elezioni russe con candidato unico (e cinque finti con finale senza sorpresa) siano state un toccasana per l’identità nazionale: il popolo russo ha parlato, viva il popolo, anzi la Lega, anzi l’estrema destra riunita in Identità e Democrazia. Sembra incredibile ma lo è davvero. La cosa più incredibile che da ieri il boccino lo mette Vladimir Putin, uomo esperto che sa penetrare nelle democrazie altrui, senza imporla al suo popolo, per natura disciplinato per amore o per forza. L’uscita di Macron è stata un remake di Winston Churchill quando il primo ministro britannico Neville Chamberlain tornò da Monaco sventolando le promesse di Adolf Hitler come se premiassero la linea dell’appeasement, pace ad ogni costo, e Winston commentò: “Si sono venduti l’onore per avere la pace ed avranno entrambe le cose: il disonore e la guerra”.

Macron lo ricordiamo tutti quando cercava di far ragionare Putin, sedendo agli estremi di un ridicolo tavolo bianco lungo venti metri. Ed ecco che la dichiarazione del presidente francese acquista un valore duplice: uno sui reali rapporti tra la Francia e il presidente russo, e uno sull’Europa. Di fatto Macron ha disegnato una mini-Europa pronta ad intervenire in Ucraina formata dalla stessa Francia, dalla muscolosa Polonia e dalla Germania di Scholz che tra la sorpresa generale, specialmente russa, mette l’elmetto e forma con Tusk e Macron un terzetto di Europei che vogliono far capire a Putin che se immagina di andare avanti impunemente con la politica delle annessioni si sbaglia, perché almeno una parte dell’Europa è pronta a combattere. Sarà vero? I pacifisti europei alla vigilia della Seconda guerra mondiale inalberavano cartelli su cui era scritto: “Morire per Danzica?”.

Alla fine, molti morirono davvero per Danzica ma il punto oggi è politico: chi altro ci sta a sfidare la guerra per non perdere l’onore? E poi la Casa Bianca che è oggi una casa bicolore come la stessa Unione il cui nuovo Parlamento si insedierà a giugno non sanno, ma possono solo scommettere se dal prossimo gennaio esisterà ancora una cosa chiamata Alleanza Atlantica o Nato, e se vivrà un asse esistenziale fra Stati Uniti ed Europa. Dipende da chi sarà il prossimo Presidente: se sarà Biden per Salvini potrebbe essere molto scomodo, o Trump allora Salvini griderà cori da curva sud perché saranno rinfreschi alla vodka e l’Unione Europea dovrà far sapere agli Stati membri se ancora esiste, se vuole lasciare correre senza fare tante storie con Putin, oppure toccare ferro, ma quello del fucile. Tutto oggi è politicamente incerto perché in questa partita della Storia si gioca a carte scoperte, ma il bluff è consentito, anzi consigliato. Prima di giugno Putin potrebbe sottoporre a test da sforzo la politica europea prima delle elezioni andando avanti con l’annessione della Moldavia.

Macron dovrebbe dire come rispondere anche a nome di Germania e Polonia, ma l’Italia che farà? La Presidente Meloni è atlantica al cento per cento. Dunque schierata apertamente contro Salvini, perché in questa partita devi stare di qua o di là, e non puoi fare il pesce nel barile. Sta veramente arrivando il momento dele scelte difficili perché questo è il gioco di Putin, un professionista del KGB che da Dresda nella Germania comunista teneva sotto controllo tutti i servizi dell’Est a partire dalla Stasi, quella delle Vite degli Altri.

I partiti e le alleanze si rendono conto che il gioco della guerra e della pace è davvero una roulette russa. È tempo di calcoli, tempo di riflessioni, alleanze e fantasia. Che farà Meloni con Ursula che si è di nuovo esposta con Giorgia nell’ultimo tour al Cairo e che già le ha attirato in casa critiche e vituperi? Qui la Storia distribuisce continuamente le carte ed è bene stare in campana: un passo falso o una dichiarazione che ti fa passare nel campo opposto e sei rovinato. Destra e sinistra in che senso? Una volta era facile: da una parte stava l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Le alleanze interne ed esterne saltano di nuovo sulla politica estera come ai tempi della guerra fredda ma con più varietà.

Fino all’inizio dell’anno si poteva dire, con il sondaggio Europe Elects, che lo scenario più probabile fosse la tenuta della stessa coalizione pro Unione Europea che è stata anche il perno di questa legislatura. La politica di Salvini e le sue voraci intemperanze, se messe sotto sforzo, reggeranno l’asse con i conservatori? Salvini è un caso esemplare anche se molto pavloviano sui rapporti della politica internazionale con la politica interna. Può darsi di sì, ma finora il leader della Lega si è cimentato con problemi e schema fisso. Ma lo schema fisso è cambiato e seguiterà a cambiare sia con la campagna elettorale europea degli europei, sia con la campagna elettorale europea dei giocatori russi che hanno una grandissima esperienza.

E poi la politica degli Stati Uniti che sarà mutevole e imprevedibile. Salvini è in picchiata sul piano nazionale e bisogna vedere se e come giocherà sul piano europeo la partita con i conservatori della Presidente del Consiglio. Troppe variabili? Cominciamo a farci l’abitudine: è un secolo in cui l’Italia si deve schierare su tre piani: interno, europeo e degli affari esteri, perché commercio e scambi commerciali danno la linea come si vede dalla storia della nave da guerra italiana Duilio che abbatte droni come al tiro al piattello. Da che pare stare? È facile farlo, ma è difficile dirlo politicamente: l’interruzione della libera navigazione come quella operata nel Mar Rosso dagli Houthi su licenza iraniana, è un caso di scuola per la legittimità della guerra.

Nessuno ha il diritto di chiudere un’autostrada d’acqua perché si passa subito alle cannonate. E se Macron dice che lui è la reincarnazione di Napoleone non puoi esporti a una verifica, ma puoi solo fare gli scongiuri. Alla Francia già accadde nel 1870 quando Napoleone Terzo (il minore) eccitò i francesi a riversarsi nelle strade gridando “a Berlino!”, col risultato che in una settimana le truppe di Berlino erano a Parigi. L’inazione non è politica. L’azione è politica, ma può finire con la rovina e la morte. Fare gli scongiuri può davvero essere politica perché si tratta di dire tutto e il suo rovescio e tirare avanti. Ma esiste una politica europea dello scongiuro? E adesso che Putin ha risposto che se l’Europa gli rompe ancora le scatole in Ucraina lui risponderà con armi nucleari, come si distinguerà una politica di destra, di centro destra e di sinistra, di centrosinistra e di campo largo, medio e da pingpong? Si potrebbe argomentare che le due grandezze, guerra e politica, non sono commensurabili ma sarebbe una perdita di tempo. Non è più sufficiente dire che occorre una politica della Difesa ma bisogna uscire e annunciarlo prendendosi in testa tutto ciò che ti tirano dalle finestre. La politica è di nuovo sfidata dalla guerra e tenere botta richiede sveltezza e intelligenza.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.