Tensioni tra gli alleati
La Lega diventa europeista e vota il Recovery Fund (approvato) al Parlamento Ue

La giravolta prima annunciata ora è servita: il Parlamento europeo ha approvato il regolamento sul Recovery fund con 582 sì, 40 no e 69 astenuti. Tra i favorevoli anche gli eurodeputati della Lega, che mette nero su bianco la sua virata “europeista” dando l’ok al fondo da 672,5 miliardi di euro che rappresenta il nocciolo del piano Next Generation Eu per la ripartenza. Prima di entrare in vigore e comparire sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea è necessario un ulteriore passaggio al Consiglio europeo, che dovrebbe soltanto formalizzare il via libera dato dall’aula.
Il “sì” degli uomini di Matteo Salvini va a mettersi in fila con l’assenso del leader del Carroccio alla nascita di un governo Draghi, prima osteggiato fortemente al grido di “elezioni subito” e poi visto con occhio di favore al termine delle consultazioni con l’ex presidente della Bce. “Preso atto dell’impegno che non ci sarà alcun aumento della pressione fiscale – aveva dichiarato Salvini – e che la stagione dell’austerity è finalmente archiviata, cogliamo l’occasione per rendere di nuovo l’Italia protagonista, votando a favore del Recovery Resilience Facility per dare concretezza alla fase nuova che sta per iniziare”.
Una mossa del cavallo, certamente non l’unica in questi giorni che precedono la nascita di un nuovo esecutivo, che però ha generato più di un malumore tra gli alleati. Sia quelli italiani, in particolare con Fratelli d’Italia che a Bruxelles ha lasciato la scheda bianca e a Palazzo Chigi ha ribadito il suo “no” a Draghi, sia quelli comunitari, con l’eurogruppo parlamentare di estrema destra Identità e democrazia che si è spaccato tra favorevoli (la Lega, appunto), astenuti (il Rassemblement National di Marine Le Pen) e astenuti (gli estremisti di Alternative fur Deutschland in Germania).
Jörg Meuthen, portavoce federale di Afd, aveva già criticato Draghi in un tweet, bollandolo come il «gran maestro del debito». Attacco rispedito al mittente da Marco Zanni, leghista e presidente del gruppo Identità e democrazia: “Se qualcuno all’estero critica il professor Draghi per aver difeso l’economia, il lavoro e la pace sociale europea, quindi anche italiana, e non solo gli interessi tedeschi, questa per noi non sarebbe un’accusa, ma un titolo di merito”.
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