Sul tavolo le criticità della norma che potrebbero essere cambiate
La legge anti rave verso le modifiche, in cantiere l’idea dello sconto di pena e definire meglio il reato
La prima norma del Governo Meloni ha già fatto molto discutere. A poche ore dall’approvazione in Consiglio dei ministri del decreto anti rave presentato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, sembrano esserci almeno due criticità che fanno storcere il naso alla stessa maggioranza. Si chiede di intervenire sull’eccessiva genericità della norma per definire “l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati” e la possibilità di intercettare alla ricerca di ipotetici responsabili del nuovo reato. Modifiche che, se ci saranno, spetteranno al Parlamento che entro la fine dell’anno dovrà convertire il decreto in legge.
Secondo la ricostruzione fatta dal Corriere della Sera, il Guardasigilli Carlo Nordio ha difeso il “decreto Piantedosi” almeno in linea di principio: “Se in questi giorni sono stati adottati provvedimenti che qualcuno ha temerariamente definito liberticidi, è perché uno Stato di diritto non può tollerare la violazione dei principi minimi di incolumità e di tutela della salute pubblica. La forza senza la giustizia è selvaggia e brutale, ma la giustizia senza la forza è una vuota e impotente astrazione”. Ma il quotidiano ricorda il garantismo sempre rivendicato dal ministro e le sue parole nel giorno del giuramento in cui disse di volere “una forte depenalizzazione e quindi una riduzione dei reati”. Eppure l’esecutivo ha esordito introducendo di fatto un nuovo reato.
C’è un altro punto critico nel decreto anti-rave: la possibilità di intercettare chi organizza raduni potenzialmente illegali che deriva dalle pene massime oltre i cinque anni previste per il nuovo reato. Già Nordio aveva detto: “le intercettazioni, secondo me, andrebbero limitate; alcune sono indispensabili e altre dannose perché limitano la libertà dei cittadini”. Il problema sarebbe stato segnalato anche dal nuovo viceministro di Forza Italia, Francesco Paolo Sisto, che ne avrebbe già individuato la soluzione: “L’unico sistema è portare la pena a un livello che inibisca l’uso delle intercettazioni”, quindi sotto i cinque anni.
Per il viceministro ci sarebbe anche un altro punto da migliorare: “tipicizzare la fattispecie” dei rave party da punire “per evitare che quella appena approvata da norma di garanzia si trasformi in norma di polizia; non si può ‘ravizzare’ ogni tipo di raduno o manifestazione”. E allora, “siccome l’intenzione è di colpire situazioni in cui il largo uso di sostanze stupefacenti crea pericoli concreti per l’ordine e la salute pubblica”, e dunque proprio il consumo di droghe correlato agli eventi consentirebbe di definire meglio il reato.
Secondo quanto riportato dal Corriere, anche altri due sottosegretari alla Giustizia, Andrea Del Mastro per Fratelli d’Italia e Andrea Ostellari per la Lega sarebbero aperti a modifiche pur sostenendo la necessità di bloccare i rave party. “Abituatevi alla velocità con cui la politica darà risposte”, avverte Del Mastro; “Se c’è una virgola da cambiare lo si farà”, minimizza Ostellari.
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