Lo chiamano il partito del Pil, quello più vicino alla gente comune. Sono i sindaci, governatori, medici, farmacisti, associazioni di categoria, organizzazioni locali: tutti uniti nel chiedere a Mario Draghi di restare a Palazzo Chigi.

Mentre si avvina la giornata di mercoledì, quando il premier parlerà alle Camere per la ‘parlamentarizzazione’ della crisi innescata dalle sue dimissioni (respinte da Mattarella) a seguito del ‘no’ alla fiducia dei 5 Stelle sul Dl Aiuti, cresce infatti l’elenco di coloro che non vogliono l’addio dell’ex banchiere dalla guida del governo.

Dal punto di vista politico a far più rumore è la lettera aperta firmata da oltre mille sindaci, la ‘quota’ è stata riferita dal primo cittadino di Torino Stefano Lo Russo, per chiedere a Draghi di restare a Palazzo Chigi. 

Uno schieramento bipartisan, che comprende primi cittadini eletti sia nel centrosinistra che nel centrodestra. Lanciata infatti dai sindaci di Firenze, Venezia, Milano, Genova, Bari, Bergamo, Pesaro, Asti, Torino, Ravenna, Roma, la lettera indirizzata a Draghi recita: “Con incredulità e preoccupazione assistiamo alla conclamazione della crisi di Governo generata da comportamenti irresponsabili di una parte della maggioranza.- inizia il messaggio – Le nostre città, chiamate dopo la pandemia e con la guerra in corso ad uno sforzo inedito per il rilancio economico, la realizzazione delle opere pubbliche indispensabili e la gestione dell’emergenza sociale, non possono permettersi oggi una crisi che significa immobilismo e divisione”. “Chiediamo a Mario Draghi di andare avanti e spiegare al Parlamento le buoni ragioni che impongono di proseguire l’azione di governo”, è quindi la conclusione della missiva indirizzata a Draghi. 

Parole che hanno generato un polverone perché da destra, o per meglio dire dalla destra di opposizione al governo Draghi rappresentata da Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, sono arrivate parole al vetriolo. “Mi chiedo – spiega Meloni – se tutti i cittadini rappresentati da Gualtieri, Sala, Nardella o da altri sindaci e presidenti di Regione che si sono espressi in questo senso, condividano l’appello perché un governo e un Parlamento distanti ormai anni luce dall’Italia reale vadano avanti imperterriti. La mancanza di regole e di buonsenso nella classe dirigente in Italia comincia a fare paura. Le istituzioni vengono usate come sezioni di partito si fa di tutto, pur di evitare il voto”, è l’accusa ai sindaci.

A rispondere alla leader di FdI è quindi uno dei promotori della lettera, il sindaco Dem di Firenze Dario Nardella. Alla Meloni il primo cittadino ricorda “con dispiacere” che “tra i firmatari ci sono moltissimi sindaci di centrodestra. Forse Fdi spera di lucrare consensi dal caos istituzionale ed economico del Paese, ma dalla cenere si raccoglie solo cenere”, l’accusa di Nardella. 

Ma la questione politica provocata dalla lettera aperta ha spinto anche Forza Italia a prendere posizione, in particolare i suoi governatori non sarebbero intenzionati a firmare perché “non vogliono strumentalizzare le istituzioni. “Siamo in piena sintonia con la linea del partito, ovvero, sono pronti a rinnovare il loro sostegno al premier, che può andare avanti senza i cinque stelle contiani”, spiegano dal partito di Berlusconi.

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Napoletano, classe 1987, laureato in Lettere: vive di politica e basket.