Cazzolate
La ricostruzione
La lezione della Guerra di Corea, il controllo sul campo è cruciale: un insegnamento che l’Ucraina dovrebbe tenere a mente
Nella battaglia di Pork Chop Hill la conquista di una posizione strategica permise agli alleati di trattare condizioni vantaggiose per l’accordo di pace
La vicenda del conflitto combattuto nella penisola coreana dal 1950 al 1953 ha accompagnato, fin dall’inizio – più di mille giorni addietro – la guerra in Ucraina, soprattutto per quanto riguarda la sua conclusione, quando l’armistizio di Panmunjeom stabilizzò la situazione e confermò la divisione della Corea lungo il 38° parallelo che divenne nei fatti, e rimane ancora, il confine tra le due Coree, presidiato da un contingente di 28mila soldati americani.
La guerra di Corea, con alterne vicende determinò una delle fasi più acute della guerra fredda, con il rischio di un conflitto globale e il possibile utilizzo di bombe nucleari, a pochi anni di distanza dalla conclusione della Seconda guerra mondiale. La guerra scoppiò nel 1950 a causa dell’invasione della Corea del Sud, stretta alleata degli Stati Uniti, da parte dell’esercito della Corea del Nord comunista. All’invasione seguì una rapida risposta dell’Onu che non era ancora come oggi in mano agli stati canaglia. Su mandato del consiglio di sicurezza, gli Stati Uniti, affiancati da un gruppo di altri paesi (Gran Bretagna, Canada, Australia, Filippine, Turchia, Paesi Bassi, Francia, Nuova Zelanda, Thailandia, Etiopia, Grecia, Colombia, Belgio, Sudafrica, Lussemburgo, e come supporto navale Giappone), intervennero militarmente nella penisola per impedirne la conquista da parte delle forze comuniste nordcoreane.
Nel novembre 1951, la Croce Rossa italiana, su specifica richiesta delle Nazioni Unite e su decisione del Governo, pur non essendo l’Italia ancora membro effettivo dell’organizzazione internazionale – vi entrò il 14 dicembre dello stesso anno – allestì ed inviò un ospedale da campo (n. 068) del Corpo Militare della Croce Rossa. Dopo grandi difficoltà iniziali, le forze statunitensi, comandate dal generale Douglas MacArthur, il vincitore della Guerra nel Pacifico, respinsero l’invasione e proseguirono l’avanzata fino a invadere gran parte della Corea del Nord. A questo punto intervenne nel conflitto anche la Cina comunista (senza alcuna dichiarazione di guerra ma inviando la quasi totalità delle proprie forze come formazioni di “volontari”) e le truppe alleate furono costrette a ritirarsi e ad abbandonare parte dei territori sudcoreani (si pensi che Seul fu riconquistata per ben quattro volte) fino a quando il fronte si attestò sul 38° parallelo per due anni, sostanzialmente con una guerra di posizione con aspre battaglie sanguinose perdite fino all’armistizio. L’Urss non volle essere coinvolta direttamente nel conflitto (anche se fornì – si disse allora – materiale militare, in particolare aerei, alla Corea comunista).
Anche gli Usa cercarono di non forzare la mano tanto che Harry Truman arrivò a destituire una gloria nazionale come Douglas MacArthur, che intendeva risolvere il conflitto facendo ricorso alle armi nucleari. Volendo cercarli, ci sono dei punti di contatto con la guerra in Ucraina. Ma non è mai opportuno forzare la storia per trovare analogie tra eventi tanto distanti nel tempo e appartenenti a contesti molto cambiati. Merita invece una particolare sottolineatura la determinazione degli alleati di continuare a combattere fino all’ultimo, anche quando erano in corso i complicati negoziati per l’armistizio.
A questo proposito si ricorda in particolare la battaglia, iniziata nell’aprile e conclusa nel luglio 1953, di Pork Chop Hill (sulla vicenda venne girato persino un film dal titolo “Missione compiuta’’ interpretato da Gregory Peck e diretto nel 1959 da Lewis Milestone, regista del più classico tra i film antimilitaristi “All’ovest niente di nuovo”). Mentre erano in corso i negoziati di pace che si conclusero pochi giorni dopo la fine della battaglia di Pork Chop il 27 luglio 1953, fu ordinato ad un reparto americano di prendere a tutti i costi quella collina (da dove il nemico diffondeva la sua propaganda) allo scopo di ottenere una posizione più forte (e una più ampia conquista di territorio) da far valere nella trattativa.
Credo che questa sia una preoccupazione giusta anche per Zelensky e i suoi alleati. Per tanti motivi non è stato possibile ricacciare all’interno dei loro confini le truppe russe, ma più e meglio l’Ucraina è in grado di difendere con le armi il suo territorio, più saranno vantaggiose le condizioni di un eventuale armistizio. Ecco perché è giusto e doveroso non interrompere le forniture di armamenti fino alla fine.
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