Il saggio
La lezione di Harding sull’Intelligenza Artificiale: la regolamentazione non uccide l’innovazione
“Coloro che si prendono il tempo per capire come pensa l’Intelligenza Artificiale finiranno per ereditare la Terra”, scrive Nigel Toon nel suo brillante saggio, recentissimo, sull’Intelligenza Artificiale, “How AI Thinks”. Toon (amministratore delegato della start-up britannica di semiconduttori Graphcore che progetta chip per modelli di Intelligenza Artificiale) nell’introduzione al proprio libro ammette di essere costantemente sorpreso dalla velocità con cui le cose si sono sviluppate da quando il termine “IA” è stato coniato per la prima volta, nel 1955. Eppure, controargomenta, non importa quanto potenti siano diventati i computer, ancora faticano a eguagliare la straordinaria potenza di elaborazione degli 86 miliardi di neuroni del cervello umano.
Toon è un ingegnere visionario che resta sulla soglia di un ambito cruciale e potenzialmente senza confini rispetto ai futuri sviluppi che potrebbero riguardarlo e che è il rapporto tra regole, dunque, potere politico, e Intelligenza Artificiale. Su questo è Verity Harding a raccogliere il testimone da Toon col suo “AI Needs You” – L’Intelligenza Artificiale ha bisogno di te – di cui un articolo del Financial Times tocca i punti principali. Harding è stata consigliera speciale di Nick Clegg quando era vice primo ministro britannico e anche capo della policy di Google DeepMind (azienda inglese di Intelligenza Artificiale acquisita nel 2014 da Google): insomma, potrebbe essere definita “bilingue”, in politica e tecnologia.
Nel proprio saggio, pubblicato nel marzo del 2024, l’autrice sceglie di affrontare e proporre ai lettori tre esempi internazionali ad alto rischio – la corsa allo spazio di Usa e Urss durante la Guerra Fredda, la fecondazione in vitro e la diffusione di Internet – che hanno un comune denominatore: contengono tutti una lezione importante su come dovremmo affrontare l’Intelligenza Artificiale. Harding considera il Trattato sullo spazio extra-atmosferico delle Nazioni Unite del 1967, che riconosce lo spazio come “provincia di tutta l’umanità”, uno straordinario esempio di cooperazione internazionale. Il trattato – siglato quando le tensioni tra Stati Uniti e Unione Sovietica erano quasi al culmine – fu chiamato “la Magna Carta dello spazio”, prevenne la militarizzazione e garantì che nessuna nazione potesse rivendicare la sovranità su alcun corpo celeste.
Ed ecco le “tre lezioni” che, secondo Harding, il trattato contiene: la leadership politica è cruciale e i “politici coraggiosi” possono stringere “accordi internazionali reciprocamente vantaggiosi”, anche durante periodi di stress geopolitico. Le potenze rivali sono in grado di porre limiti ai peggiori eccessi della guerra. E “la scienza” può – e dovrebbe – essere utilizzata per incoraggiare la “cooperazione internazionale”. In questo senso, i ricercatori in ambito IA dovrebbero lavorare su progetti a beneficio di tutta l’umanità e non limitarsi a perseguire la “costruzione di recinzioni tecno-nazionalistiche”.
La seconda lezione riguarda i dibattiti circa la ricerca sugli embrioni e sulla fecondazione in vitro che negli anni ’70 e ’80 sollevarono questioni molto diverse. Ma per molti aspetti – sostiene Harding – hanno anticipato numerose questioni etiche, morali e tecniche che riguardano l’Intelligenza Artificiale. In Gran Bretagna la filosofa Mary Warnock, che presiedette un comitato incaricato di ragionare su questi temi, fece un lavoro notevole nel delineare chiare posizioni morali e prospettive di carattere pratico per la relativa regolamentazione, nel rapporto pubblicato nel 1984.
Da allora, queste norme hanno consentito la nascita di circa 400.000 bambini sottoposti a fecondazione in vitro nel Regno Unito e hanno incoraggiato lo sviluppo di un settore delle scienze della vita assai vitale. Cosa insegna tutto questo? Che, contrariamente al luogo comune secondo cui la regolamentazione uccide l’innovazione, Harding sostiene che in realtà la chiarezza politica, morale e giuridica fornita dalla commissione Warnock abbia stimolato gli investimenti e la crescita economica. Il terzo esempio di Harding è “l’istituzione tecnocratica” straordinariamente influente ma poco conosciuta chiamata “Icann” – Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (fondata nel 1998, è un’organizzazione no-profit del settore pubblico internazionale, impegnata nel mantenimento della sicurezza, della stabilità e dell’interoperabilità di Internet). Mantenendo l’“impianto” di Internet e resistendo alle intrusioni degli Stati nazionali e delle potenti aziende private, Icann ha preservato il World Wide Web in quanto spazio aperto e dinamico.
“È un’organizzazione globale basata sulla fiducia e sul consenso, con un potere limitato ma assoluto. In un’epoca di cinismo e di politica amara e divisiva, è una meraviglia”, scrive Harding. Che descrive il suo libro come una “lettera d’amore” al lavoro meticoloso e poco affascinante del processo decisionale in una democrazia. Una lettera d’amore in cui l’autrice esorta i politici – e la società civile – a impegnarsi nei dibattiti sugli usi dell’Intelligenza Artificiale e a contribuire a plasmare il futuro in modo positivo. Il discorso di accettazione del Premio Nobel per la Pace del 1964 di Martin Luther King sulla necessità di un intervento morale dovrebbe essere affisso sulla bacheca di ogni amministratore delegato del settore hi-tech: “Quando il potere scientifico supera il potere morale, ci ritroviamo con missili teleguidati e uomini senza controllo”.
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