Nel 1991 esce un libro di poesie, un trattato poetico-filosofico, un’analisi storica sulla Seconda guerra mondiale e non solo. Il testo si intitola Gibilterra e l’ha scritto Valentino Zeichen.

Dopo un recente viaggio a Gibilterra, al rientro sono andato a rileggere quelle poesie e sono rimasto sbalordito dalla loro attualità. Intanto si trova in questi testi uno sguardo chirurgico sulle ragioni del successo anglo-americano nella Seconda guerra mondiale, quando l’autore parla della superiorità neopositivista sugli idealismi italo-germanici. E poi lo scanzonato gusto dello scrittore di criticare un umanesimo minore novecentesco che attardò le italiche forze, ancora troppo agricole e rurali. Ma lo stupore di chi oggi si accinge a leggere le pagine del poeta istriano (fattosi romano e scomparso nel 2016) è fondato sulla capacità di Zeichen di cogliere aspetti di geopolitica e ambientalismo in anticipo sui tempi.

Pur avendo frequentato Zeichen e conoscendo quindi la sua perspicacia, la sua vasta cultura e soprattutto il suo ficcante intuito, sono rimasto impressionato dalla prima poesia della sezione Ecologiche di questo libro. Ecco il testo: “Per la comune sopravvivenza / dite addio ai luoghi esotici, / e fate solenne promessa / di non rivederli mai più / affinché le scie dei jet / non sfregino ancora il cielo / intossicando gli angeli / che volano a quelle quote. / Poiché vi hanno sottoposto / al lavaggio del cervello / maledirete l’impostura del bianco / e l’indotta fobia dello sporco. / Stramaledirete il bagnoschiuma / lo shampoo e lo scialacquare / detersivi in mare che / arrossisce per pudore. / Per inguaribile nostalgia / cercherete invano a Gibilterra / o a Tangeri, un pezzo di sapone / del tipo Marsiglia. / Biasimerete solo la confusione / e l’impotenza d’azione dei Verdi / poiché valgono assai meno / d’una maledizione, / e sembrano avere un cervello / più affine a quello limbico / dei grandi rettili estinti, / altrimenti non riesumerebbero / una parentela di fossili: / carbone e petrolio / il cui spirito vendicativo / d’anidride carbonica / ci ucciderà prima dell’atomo. / E in calce vi malediranno / le future generazioni”.

Chiarissimi i concetti, che fanno capire quanto ancora oggi il nostro paese sia lontano dall’aver compreso i propri limiti. Il testo poetico di Zeichen sembra proprio spiattellare le scelte sbagliate della politica italiana sul tema energetico e il lascito negativo ai giovani. Lo scrittore non si capacitava del fatto che l’Italia avesse rinunciato a fare le centrali nucleari per la produzione di energia pulita. Ai tempi la sinistra pensava che l’energia solare ed eolica potessero dare una mano in questa direzione.

Purtroppo non abbiamo sviluppato né l’atomica, né il solare e nemmeno l’eolico. O almeno non nella misura che sarebbe potuta servire per mandare avanti una delle otto più forti economie mondiali. Siamo rimasti schiavi del petrolio e ancora adesso continuiamo a comprare energia elettrica dalla Francia, il nostro paese più vicino, che la produce con le sue decine di centrali nucleari. In sostanza si continua a inquinare come e più degli altri. Zeichen dava la colpa all’idealismo italiano di Croce e Gentile che – non soltanto secondo lui – aveva divulgato, se non il disprezzo, almeno la secondarietà della scienza e della tecnica, relegando il nostro paese in uno spazio temporale ritardato, un tempo perduto che ancora oggi fatichiamo a recuperare.

Alessandro Agostinelli

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