Il lavoro paga sempre
La lezione naturale di Sinner per genitori e ragazzi in tempi di mitomania galoppante di mediocri
La storia di Jannik è un esempio perfetto: fiducia e libertà sono due ingredienti necessari e salutari per l’educazione. La via del successo richiede genitori intelligenti e propone qualche costo
“Sono dovuto andar via di casa a 13 anni. Con i miei genitori ci siamo persi molto”. Questa frase, unitamente all’altra di ringraziamento per quanto i suoi genitori lo abbiano lasciato scegliere secondo propria passione quale sogno inseguire, conferma che fiducia e libertà sono due ingredienti necessari e salutari per l’educazione e il successo dei ragazzi, e che la via del successo richiede genitori intelligenti e propone qualche costo. Noi vediamo la punta dell’iceberg, cioè il trionfo di un nostro connazionale sul campo di Melbourne, ma sotto ci sono molte rinunce e sacrifici, ripagati dal dritto lungolinea con cui Sinner ha riportato l’Italia sul tetto del mondo tennistico. A quante uscite con gli amici, bevute, risate, esperienze e svaghi ha dovuto rinunciare questo ragazzo per dedicarsi a moltissimo, faticoso lavoro lasciando nella borsa la leggerezza di cui godono tutti i suoi coetanei, per arrivare fin dove oggi è con merito, e dove tiferemo tutti perché resti più a lungo e intensamente possibile? La risposta è: parecchie. E fare rinunce a 16, 18 anni è costosissimo. I tennisti, da professionisti, fanno una vita infernale (in giro per il mondo, in tutti e cinque continenti, come nomadi per undici mesi l’anno, senza soste), ma per arrivarci ne fanno una a volte anche avvilente, e del cui felice esito non hanno alcuna garanzia. Scommettono tutto su loro stessi ed essendo il tennis uno sport individuale, sanno che tutto dipende dall’impegno che saranno capaci di profondere, in campo, ma anche nei vari step precedenti che al campo conducono.
Come mi spiegava il mitico Paolo Bertolucci, di cui mi è assai dispiaciuto non poter ascoltare domenica la telecronaca in diretta del successo di Sinner (questione di diritti televisivi), i tennisti una volta arrivati in vetta, diventano di fatto imprenditori. Scelgono e assumono persone ognuna secondo molteplici ruoli da ricoprire, organizzano spostamenti e quant’altro, imparano almeno tre lingue. Tanto è pronunciata questa loro attitudine, che spesso proseguono nella loro seconda vita dopo il ritiro (Roger Federer ha inventato e produce le scarpe On che vende in tutto il mondo, Rafa Nadal ha già avviato una splendida Academy). Sinner ci piace perché è un ragazzo di sfacciato talento. E tutti noi siamo affascinati dal talento, in ogni forma si manifesti. Perché il talento è contagioso, ci inebria, ci affascina. Ma Jannik piace anche perché si propone come un uomo, non come un capriccioso egocentrico, che gli sarebbe anche perdonato visto quanto è giovane. Eppure, grazie a quel che fa, e a come fantasticamente lo fa, è un protagonista naturale.
In tempi di mitomania galoppante di mediocri, questo ci dovrebbe ricordare quanto sia più meritorio e fico essere come lui, cioè portatori di contagioso talento e che metterlo a disposizione di tutti significa migliorare anche chi lo osserva e ammira. Dopo aver dato dimostrazione di predestinazione, e compiuto al suo primo tentativo la trasformazione aristotelica di potenza in atto, Sinner ha regalato dei concetti che vorrei tanti genitori e suoi coetanei ammiratori facessero loro: “Grazie per la libertà concessami”, “Il lavoro paga sempre” e “Non bisogna mai mollare”, cosa che lui ha evitato di fare quando le cose sembravano volgere al peggio nell’occasione più attesa, domenica mattina, in Australia.
L’elogio del lavoro e della tigna nell’inseguire i propri sogni, la propria passione, sono concetti che sembrano smarriti, eppure colorano di bellissimo vite degne di essere raccontate. Ognuno di voi ha almeno un pregio, sa fare una cosa benissimo. Trovatela, applicatevi, e farete lo stesso percorso di Sinner. Magari non su un campo da tennis, ma in altri ambiti che non vi renderanno certo meno importanti. Che poi, anche questo, è particolare che questo ragazzo già uomo sa benissimo: “Io gioco a tennis, è la mia vita, ma quella vera è quella di chi ogni giorno lotta con i suoi problemi”. Se sei tennista, sai che non ci sono scuse, che dipende da te, e che c’è rischio di dover ammettere ogni tanto che qualcuno è più bravo di te, e gli va stretta la mano, riconoscendolo. Per questo sei un uomo e non un ragazzino. Complimenti Sinner. E grazie.
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