A Bruxelles si tira il fiato: il pericolo pare scongiurato, resta solo da capire se e quando si ripresenterà.
Eh sì, perché le elezioni spagnole erano viste con grandissima preoccupazione da Bruxelles, dato che si temeva non tanto l’avanzata dell’estrema destra di Vox (alle politiche del 2019 aveva già fatto un decoroso 15% e nessun sondaggio prevedeva una sua crescita), quanto piuttosto che a loro, ai sovranisti contrari alla supremazia della giustizia europea ed all’Europa stessa, negazionisti del cambiamento climatico, anti diritti, si aprissero le porte del governo in un’alleanza coi popolari. Violando quel “cordone sanitario” contro la destra estrema che per ora ha funzionato in Paesi simili dal punto di vista del quadro politico, prima tra tutti la Germania dove i cristiano democratici hanno sempre rifiutato qualunque collaborazione con l’AfD – partito che nella piattaforma programmatica è molto simile a Vox – ma anche la Romania, dove la destra estrema dell’AUR è secondo partito, stando ai sondaggi, proprio sopra il Partito Nazionale Liberale, membro del PPE.
La prima lezione da Madrid arriva per i popolari di tutta Europa, ad iniziare da Berlino e Bucarest: un partito di centro-destra con leader forti e messaggi efficaci è in grado di fermare l’avanzata delle destre. Ma le elezioni spagnole hanno poi un altro effetto immediato sulla politica bruxellese: uccidono – non a morte, ma quasi – le aspirazioni di quanti nella capitale d’Europa auspicavano e lavoravano per un cambio di maggioranza nella prossima legislatura, ipotizzando una improbabile -almeno stando ai sondaggi – alleanza tra l’ECR di Giorgia Meloni (gruppo del quale fanno parte Vox e la stessa estrema destra rumena), popolari e Renew Europe.
Sì, perché il risultato spagnolo dell’altro ieri uccide quelle speranze nella misura in cui quel “cordone sanitario” rimane inviolato: Paesi nordici a parte (che però per il loro particolare quadro politico raramente sono mai stati presi a modello), l’estrema destra rimane infatti non ammessa a nessuna tavola di governo nel Vecchio Continente, salvo che ovviamente in Ungheria e in Polonia, dove però governa pressoché da sola.
Discorso a parte rimane l’Italia. Perché è vero che sulla carta un partito membro importante del gruppo di destra ECR non solo è al governo, ma dopo aver vinto le elezioni esprime pure la Presidente del Consiglio, ma è altrettanto vero che a Giorgia va riconosciuto di aver abbandonato larga parte delle posizioni estreme che aveva avuto nelle precedenti campagne elettorali: su Europa ed Euro, guerra in Ucraina e persino su dossier assai scottanti (e caratterizzanti) come quello dei migranti, Giorgia ha dato sufficienti prove di dialogo con Bruxelles, evitando un muro contro muro che avrebbe innanzitutto danneggiato lei e la sua prima performance al governo. Certo, rimangono argomenti spinosi come la lotta al cambiamento climatico – dove però non ci sono le posizioni estreme di altri partiti – o il tema dei diritti, ma il test Giorgia lo sta tutto sommato passando. Tanto che più di uno, prima del test elettorale spagnolo, ipotizzava già un appoggio esterno di Fratelli d’Italia – non quindi di ECR – alla maggioranza che governerà la prossima legislatura di Bruxelles.
Verso le elezioni polacche
Passata la prova spagnola, gli occhi puntati di Bruxelles rimangono sulle elezioni polacche tra ottobre e novembre, dove c’è il paradosso che a scontrarsi saranno da un lato i conservatori di PiS alleati di Giorgia e un cartello di partiti che riunisce popolari e liberali, e quelle olandesi del 22 novembre, dove però non c’è nessuna marea nera, ma al massimo un movimento di centro-destra dai tratti un po’ populisti (il BBB) che raccoglie consenso contro le politiche del green deal di Bruxelles.
Sullo sfondo, le elezioni europee di giugno 2024. Se c’è qualcuno che dalle elezioni spagnole esce ammaccato – oltre all’estrema destra di Vox ed alla sinistra radicale di Sumar – è a Bruxelles Manfred Weber, il potente presidente dei popolari europei che su un’alleanza di centro-destra a Madrid aveva scommesso il tutto per tutto, sperando di replicarla al Parlamento Europeo. Weber perde, quindi, Giorgia perde altrettanto perché perdono i suoi alleati (ma potrebbe rientrare dalla finestra) e riprende vigore la replica della maggioranza Ursula nella prossima legislatura, con la Von Der Leyen riconfermata alla Commissione. Che tutto cambi perché nulla cambi: ai tempi di Giuseppe Tomasi di Lampedusa non c’erano voli aerei dalla Sicilia a Bruxelles, ma ormai tra le vie della capitale d’Europa quella lezione l’hanno imparata molto bene.