Se tutto è camorra, niente è camorra. Siamo a Marano e il comandante della Polizia Municipale Luigi Maiello ha imposto che la statua della madonna durante la processione non passi nelle strade dove risiedono gli affiliati ai clan: pena il sequestro della statua. Maiello ha negato l’autorizzazione di deviazioni alla prossima processione religiosa in onore della Madonna, in programma per il 3 luglio, la statua sacra non deve sfilare «dove risiedono soggetti legati direttamente e indirettamente alla criminalità organizzata».

Maiello ritiene che l’ingresso della statua sacra in quelle zone sarebbe interpretato «come una sorta di inchino al clan operante in quell’area», e annuncia che in caso di deviazioni, la processione sarà interrotta e la statua sottoposta a sequestro. Ora, la camorra a Marano e in generale a Napoli esiste, c’è, è diffusissima, nessuna ombra di dubbio ma parlare di «soggetti legati anche indirettamente alla criminalità organizzata» vuole dire sventolare la bandiera del giustizialismo che opprime la nostra società. Immagino la nipote di un boss che sconta la pena al 41bis, vive nella stessa palazzina dove ha abitato lo zio e deve trovarsi cucita addosso la stella di criminale perché figlia di, nipote di, legata indirettamente alla camorra. Sotto casa sua non passerà la statua della Madonna, non potrà vedere la processione perché legata a, nipote di. È un marchio che gli è stato messo senza magari che abbia fatto nulla per “meritarselo”. Ma il comandante Maiello è irremovibile.

«Anche a Marano – ha spiegato – vige esclusivamente la legge dello Stato, e lo Stato non si piega, non si inchina. Dovrebbero invece piegare la testa e inginocchiarsi ai cittadini, gli pseudo camorristi che hanno distrutto il tessuto economico e sociale di questa città, fatta soprattutto di persone perbene e lavoratori. Marano è una bella città però purtroppo come ogni cosa bella ha un male, che è la criminalità, che noi dobbiamo estirpare anche con queste forme simboliche. Entrare in un vicoletto, in una strada privata, per ossequiare un parente o un boss, è un segnale che noi non possiamo tollerare – ha aggiunto – Arriveremo anche fino a sequestrare la statua, pur essendo io una persona credente, se dovesse avvenire una deviazione al percorso stabilito ed autorizzato: quello non sarà più un’immagine sacra, ma sarà un gesto di prostrazione nei confronti di persone che hanno fatto il male di questa città, ed in generale di tutto il napoletano. La vera piaga, il vero tumore che abbiamo nelle nostre zone è la camorra, e chi non lo capisce è complice della criminalità». Siamo d’accordo. Ma non si capisce bene perché tirare sempre in mezzo la Chiesa, le processioni, la statua della Madonna.

Sì, a Marano c’è stato un evento che ha appurato la commistione tra chiesa e criminalità quando il clan Nuvoletta regalò alla parrocchia dei quadri. Ma è stato un episodio, non è che ora la Chiesa è invasa di criminali. E comunque, per inciso, non spetta alla Chiesa giudicare, anzi, la chiesa accoglie, comprende, perdona. Invece procuratori, magistrati (vedi Riello e la follia di negare i sacramenti ai camorristi), comandanti pare che abbiano delegato ai preti il compito di indagare e combattere la criminalità. In particolare la scelta di non far sfilare la statua della Madonna nei pressi di abitazioni forse abitate da famigliari di delinquenti, appare quanto mai poco garantista. Troppo tesa a giudicare e marchiare a fuoco, usando lo strumento della fede. Papa Francesco, in una sua omelia per la solennità del Corpus Domini, disse che la Chiesa è “una sala grande”, dalle “porte aperte”, “dove tutti possono entrare”. Non “un circolo piccolo e chiuso di perfetti”. Questa è la Chiesa, i processi si fanno nelle aule di Tribunale non per strada, senza neanche essere sicuri che chi stiamo processando sia imputato o meno.

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.