Silvia Romano è tornata ieri nella sua casa di via Casoretto a Milano. E a stupire, più che le sue prime dichiarazioni e le prime indiscrezioni trapelate da interrogatori e colloqui, è che probabilmente la 24enne cooperante, sequestrata e prigioniera per 18 mesi tra Kenya e Somalia, potrebbe considerarsi in pericolo anche in Italia. A farlo pensare le minacce arrivate via social che hanno costretto la stessa Romano a porre delle restrizioni al suo profilo su Facebook, che ora non è più visibile. Il capo dell’antiterrorismo di Milano, Alberto Nobili, ha aperto un’indagine per minacce aggravate, a carico di ignoti, a cui seguirà una informativa dei Ros, guidati del comandante Andrea Leo. Per stilare il fascicolo, la 24enne milanese è stata ascoltata dallo stesso Nobili, nella caserma del Ros, per circa un’ora e mezza. Al vaglio i messaggi minatori che comprendono post social, commenti, lettere e volantini e anche un post di Vittorio Sgarbi (“va arrestata per concorso esterno in associazione terroristica”) del quale avrebbe parlato la stessa Romano.

È “serena” è trapelato dopo l’audizione, “nonostante le pesanti minacce”. Sotto la casa di Silvia Romano è stato sciolto il presidio della polizia che aveva fatto da scudo ieri al suo arrivo da Roma. Restano però i cartelli e i fiori che hanno dato il ‘bentornato’ alla giovane donna dopo 535 giorni di prigionia, sotto il gruppo terroristico Al Shabaab in Africa.

A scatenare gli haters la conversione, avvenuta durante il sequestro e stando alle parole della stessa Romano senza alcuna costrizione, alla religione islamica. Alla sua psicologa, come rivelato dal Corriere della Sera, ha detto di aver cambiato il suo nome in Aisha. “Provate a mandare un vostro parente due anni là e voglio vedere se non torna convertito. Usate il cervello”, ha detto la madre di Romano, che ha parlato ai microfoni del Tg3.

“Cerchiamo di dimenticare, di chiudere un capitolo e aprirne un altro”. E su un’eventuale conferenza stampa: “non facciamo niente – ha spiegato – perché Silvia è in quarantena. Siamo qua, poi fra due settimane vedremo, non lo so, del doman non v’è certezza. Visto come sono andate le cose, non so nulla”. Sulla onlus Africa Milele, per la quale sua figlia lavorava al momento del rapimento in Kenya, la donna ha commentato: “Non sono io l’ordine preposto per parlare di queste cose, c’è una procura che indaga e ci pensano loro, io non rilascio dichiarazioni sull’argomento”.

Ancora più dirette le parole del padre della 24enne: “Non è che se uno sorride sta benissimo, non confondiamo il sorriso con la capacità di reagire per rimanere in piedi dignitosamente da una situazione di cui si è preda e che ti porta poi ad andare nella depressione più totale. Meno male che ha un po’ di palle e cerca di reagire, ma è la sopravvivenza“.

Al Shabaab, il gruppo terroristico che l’ha rapita, parla della conversione come di una vittoria, “perché ha sicuramente visto con i suoi occhi un mondo migliore di quello che conosceva in precedenza”. Lo ha detto, in un’intervista a La Repubblica, Ali Dehere, portavoce del gruppo terrorista Al Shabaab. “Da quanto mi risulta Silvia Romano ha scelto l’Islam perché ha capito il valore della nostra religione dopo aver letto il Corano e pregato”, ha aggiunto il portavoce.

Redazione

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