Il delitto di Vetralla
La mamma del piccolo Matias, accoltellato a morte dal padre a 10 anni: “Non tornerò più in quella casa”

Marjola Rapaj ha ritrovato suo figlio Matias agonizzate, sul letto, tutto ricoperto di sangue. Il piccolo di 10 anni era stato accoltellato alla gola lo scorso 16 novembre: indagato per omicidio volontario il padre Mirko Tomkow. Che aveva minacciato lei, la donna e madre, mai il figlio. La donna ha creduto di impazzire. È stata ricoverata in stato di shock. “Non metterò mai più piede in quella casa, non voglio più entrarci”, dice la donna in un’intervista a Il Messaggero.
La tragedia si è consumata a Vetralla, in provincia di Viterbo, lo scorso 16 novembre. Una campagna di donazioni è stata avviata tra i cittadini del suo paese. La donna ha 32 anni ed è arrivata in Italia dall’Albania nel 2005. Il compagno Mirko Tomkow, 44 anni, gommista polacco, è stato trasportato alla casa circondariale Mammagialla di Viterbo. Avrebbe espresso tendenze suicide negli ultimi giorni.
Rapaj è stata seguita da medici e psicologi. È tornata a Vetralla a casa della sorella e del cognato. Riesce a ringraziare chi ha mostrato solidarietà ma non riesce ad andare molto oltre. “Io, in questo momento di grande dolore non sono in grado di poter spiegare quello che sto provando – dice – il dolore è devastante. Non tornerò più in quella casa, non voglio più entrarci. Non riesco a pensare a cosa sia potuto succedere quel giorno terribile lì dentro”. Quella casa, in Strada Luzi a Cura, era stata acquistata da poco grazie al mutuo accordato da una banca.
Dallo scorso settembre Tomkow non poteva vedere la donna e il figlio per via di un divieto di avvicinamento richiesto dalla Procura viterbese, dopo le indagini dei carabinieri di Vetralla su maltrattamenti e minacce alla compagna (che non lo aveva voluto denunciare). La donna quindi si trova ora con la sorella maggiore Marcela e il marito Ubaldo, che la domenica successiva all’omicidio era arrivato in ospedale con un coltello cercando il cognato Mirko. Diceva di voler vendicarlo. “Ho fatto una cavolata”, aveva detto poi spiegando un gesto dettato più dalla disperazione che dalla vendetta.
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