L’hanno già ribattezzata “Melonomics” e forse a Palazzo Chigi, guardando che fine ha fatto, politicamente parlando, Liz Truss e le sue riforme fiscali denominate “Trussonomics”, qualcuno starà facendo gli scongiuri.

Al di là dei nomi, quello che ha in mente la presidente del Consiglio è un piano di cui ha parzialmente discusso già martedì alla Camera, pur tra lacune nei dettagli e soprattutto sulle coperture finanziare.

Un mix tra liberismo e corporativismo (come su balneari, licenze dei taxi, ‘italianità’ delle aziende), da tenere insieme per portare a casa quelle promesse elettorali che hanno spinto Fratelli d’Italia a diventare il primo partito nelle urne dello scorso 25 settembre.

Un nuovo “patto fiscale” che parte da un presupposto: “Non disturbare chi vuole fare”, come ribadito da Meloni in Aula ieri. Così uno dei primi obiettivi è dare una “tregua fiscale” sulle carte esattoriali, da denominare in vari modi, rottamazione, saldo e stralcio, ma che in altri tempi sarebbe stato definito semplicemente condono.

Non è un caso se uno dei primi obiettivi della premier è l’Agenzia delle Entrate e una lotta all’evasione fiscale che promette di cambiare: non più, o comunque in maniera ridotta, controlli agli esercenti per verifiche su Poi e scontrini, negozianti che proprio FdI e Lega considerano ‘zoccolo duro’ del proprio elettorato, ma caccia ai “grandi evasori”, dalle grande imprese alle frodi sull’Iva. E a inquadrare il ‘clima’ è anche il progetto di legge depositato dall’economista della Lega Alberto Bagnai per alzare il tetto del contante a 10mila euro.

Quindi la questione della “tregua fiscale”, con la previsione di un provvedimento sulle cartelle esattoriali per un “saldo e stralcio” di quelle che vanno dai mille ai 3500 euro: l’ipotesi è quella di un meccanismo che preveda il versamento del 20% e il taglio del restante 80%, mentre per gli importi superiori c’è il pagamento dell’intera imposta maggiorata del 5% annullando sanzioni e interessi.

Meloni, Salvini e Berlusconi in campagna elettorale hanno promesso anche un intervento sulle pensioni per “scongiurare” il ritorno alla legge Fornero a partire dal 2023: l’ipotesi è di partire dalla ‘Quota 41’ su cui spinge la Lega.

Nel discorso alla Camera Meloni ha chiarito come il Reddito di cittadinanza, non è chiaro con quali tempi, verrà profondamente cambiato e ‘tagliato’. La misura di sostegno resterà “per i soggetti effettivamente fragili non in condizioni di lavorare” mentre per gli altri,  per chi è in grado di lavorare, la soluzione non può essere il reddito di cittadinanza, ma il lavoro, la formazione e l’accompagnamento al lavoro”.

L’altro pilastro della “Melonomics” riguarda il taglio della tasse, tema sensibile anche per gli alleati di Lega e Forza Italia. Pressione fiscale da abbassare per le famiglie introducendo il “quoziente familiare”, ovvero sgravi tenendo conto della numerosità del nucleo familiare nella tassazione del reddito. L’altro punto è l’estensione della flat tax per le partite Iva, la “tassa piatta” da portare dall’attuale limite dei 65mila euro di fatturato fino a 100mila euro. Quindi il taglio del cuneo fiscale per lavoratori dipendenti e aziende, che dovrebbe essere di cinque punti.

Tutte misure su cui le coperture finanziare attualmente sembrano un miraggio, col rischio di andare a colpire il debito pubblico ‘monstre’ italiano: Meloni ha spiegato a Montecitorio che la strada maestra per la sua riduzione è “la crescita economica, duratura e strutturale”.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia