Dai soldi del Belice a quelli del Pnrr. Dall’intemerata tv di Sandro Pertini nel remoto 1980 (resa celebre dallo sketch di Massimo Troisi) all’intervista di Paolo Gentiloni al giornalista del Corriere della Sera Paolo Valentino per il suo libro “Nelle vene di Bruxelles”. Le cui anticipazioni sono state pubblicate ieri dal quotidiano di Via Solferino. Un’intervista in cui il commissario europeo Gentiloni smonta uno degli architravi del populismo dell’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Non è stato lui nel 2020 a far avere all’Italia i 209 miliardi come quota parte dei 750 miliardi di euro del Recovery Fund. Non fu una battaglia diplomatica consumata fino a notte fonda. Molto più semplicemente, fu un algoritmo redatto da due olandesi.

L’algoritmo

Dice Gentiloni: «Tutti questi soldi sono stati dati in base a un algoritmo ai vari Paesi, mentre è chiaro che i finanziamenti comuni europei dovrebbero innanzitutto andare a progetti comuni». Un algoritmo? Ma non li abbiamo ottenuti grazie a una lunga battaglia? (chiede Valentino). «Parlo delle quote di finanziamento assegnate ai diversi Paesi. Non sono state negoziate dai capi di governo. Sono state ricavate da un algoritmo che è stato tra l’altro ideato e definito da due direttori generali (entrambi olandesi). C’è un po’ di retorica italiana sul fatto che abbiamo conquistato un sacco di soldi. Non è vero. L’Italia è il settimo Paese in termini di rapporto tra soldi ricevuti e Pil. Ci sono altri che in termini relativi hanno portato a casa molto di più, dalla Spagna alla Croazia. Sempre grazie all’algoritmo». Ma come? E la Ferrari che Conte aveva lasciato nelle casse dello Stato, quel “sacco di soldi” eredità della lungimiranza governativa dell’avvocato del popolo? Finisce sbriciolato il pezzo forte del tribuno dei Cinque Stelle. Proprio adesso, nel bel mezzo della campagna elettorale. Quando noi tutti ci eravamo lasciati affascinare da quei palleggi alla Totti prima di servire l’assist a Carolina Morace. La vita sa essere davvero infame.

La menzogna di Conte

Va qui ricordato che fu Renzi uno dei primi (se non il primo) a raccontare la versione dell’algoritmo. Motivo per cui venne spernacchiato da Marco Travaglio, uomo comunicazione dell’avvocato del popolo. Lo immaginiamo alla tastiera pronto a infilzare il traditore Gentiloni. Qui, per provare a non ridere, ricordiamo il tono trionfalistico di Conte in conferenza stampa al termine di quel Consiglio europeo: «Abbiamo tutelato la dignità del nostro Paese», «la verità è che l’approvazione di questo piano rafforza l’azione del governo italiano». Prima di concludere alla Toto Cutugno: «Sono orgoglioso di questo risultato, orgoglioso di essere italiano». Un italiano vero. Su quella menzogna Conte ci ha costruito un piagnisteo di mesi. 209 miliardi che vengono tirati fuori a ogni occasione utile. Con quella smorfia contrita che contraddistingue Conte. Quello sguardo da attore di fotoromanzi. Lo immaginiamo provare e riprovare quell’espressione allo specchio. La lezioncina a pappardella. E poi arriva Gentiloni a ricordarci che cosa ci è toccato in sorte in quegli anni bui del Covid. Noi che c’eravamo quasi riusciti a dimenticare.