Chi l'ha vista?
La missione fantasma di Kallas in Egitto e Israele, l’Europa è alla ricerca di un ruolo nel mondo e latita nel Mediterraneo di Erdoğan
L’Ue deve agire da leader per la sua forza geografica e per interessi economici

Se non fosse che gli occhi del mondo sono puntati sul conflitto russo-ucraino, la visita della responsabile della politica estera europea, Kaja Kallas, in Egitto e Israele, tra lunedì e domenica, avrebbe ricevuto una degna attenzione. E avrebbe potuto essere oggetto di riflessione non tanto su cosa non riesce a fare l’Europa – tema che sa ormai di minestra riscaldata – bensì su cosa potrebbe fare. Al contrario, la missione è passata quasi inosservata. Sia perché coincidente con il vertice di Riad, dove appunto gli Usa hanno tentato – tentato! – di imporre una tregua tra Mosca e Kyiv. Sia perché Kallas è atterrata nel cuore di un Medio Oriente scosso da una nuova policrisi, per parlar forbito: la violazione del cessate il fuoco da parte di Hamas, la reazione di Israele, il rischio di un nuovo conflitto in Libano e, più in là, le tensioni in Siria, Turchia e con gli Houthi in Yemen.
Bruxelles, posizione nel mondo cercasi
Si continua a dire che Bruxelles non sia in grado di trovare una sua posizione nel mondo. Le richieste di Kallas di riprendere i negoziati appaiono come frasi di circostanza, che confermano questa incapacità di esercitare una reale pressione diplomatica. Tant’è che il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, che l’ascoltava, non si è risparmiato nel risponderle: «Stiamo combattendo la guerra del mondo libero». Dimostrandole così che Israele ha una visione, l’Ue no. Ma è davvero così? Hanno ragione i vari Trump, Putin e Netanyahu a farsi beffe della nostra Unione? Al netto di una storia di ottant’anni di pace che non è poca cosa, in queste ultime settimane l’Europa ha saputo dimostrare come reagire alle provocazioni di Washington e alle minacce russe. Readiness 2030 suggerisce un’embrionale strategia di Difesa comune che, appena l’anno scorso, non esisteva. Anche l’opposizione ai dazi Usa, che – va ripetuto – non sono ancora né in vigore, né è chiaro in che misura e contro chi verranno attuati, è la smentita di un’Europa a encefalogramma piatto.
Alla debolezza delle istituzioni, nel riuscire a valorizzare iniziative che comunque sono in essere, fa da contraltare l’opinione pubblica. Ieri, secondo l’Eurobarometro, il 74% degli europei afferma che il proprio Paese trae beneficio dall’appartenenza all’Ue. Mentre il 66% vuole che l’Europa svolga un ruolo più importante nel proteggerli dalle crisi globali e
dai rischi per la sicurezza. Insomma, per il cittadino comune, l’Europa c’è. Viene da chiedersi, allora, perché non si faccia vedere in un quadrante strategico com’è quello mediorientale. Così come non è accettabile che a Riad non fosse presente una nostra delegazione, altrettanto è frustrante osservare con quanta superficialità la nostra diplomazia venga approcciata dal governo Netanyahu.
D’accordo, i temi della pace e dei diritti umani sono preponderanti. Ma è la nostra forza economica che dovrebbe giocare un ruolo da protagonista. Non mediante sanzioni contro i prodotti israeliani come spesso accaduto negli ultimi anni, bensì rafforzando la partnership tra le due sponde del Mediterraneo. In piccolo, l’interscambio Israele-Ue è simile a quello Usa-Ue. Noi esportiamo manufatti, loro ci forniscono servizi digitali. Dimenticarsi di queste relazioni economiche consolidate significa alzare nuove barriere, che vanno ad alimentare le debolezze politiche e culturali interne, proprie dell’Ue, quanto di Israele.
Il peso di Erdoğan nel Mediterraneo
Un discorso analogo va fatto per la Turchia. Oggi vittima dell’ennesimo rigurgito di autoritarismo. Tuttavia, il peso di Ankara è più evidente che mai. Perché la Nato è in fase di riqualificazione, il Mediterraneo è in fiamme e la Russia è nemica nostra quanto di Erdoğan. Certo, non si può sperare né che il sultano imbocchi la strada della democrazia per compiacere a Bruxelles – pensarlo guardando i fatti di Istanbul farebbe ridere – né che ci faciliti per una nostra migliore esposizione al sole. La Turchia ha i propri interessi. Di questo bisogna essere consapevoli. No, il ruolo di Israele e Turchia è di dare conferma all’Europa della sua identità mediterranea. Con la guerra alle porte e le tensioni con Washington, torna centrale la nostra affermazione di “mondo libero”, dove la pace e la prosperità economica hanno proceduto senza barriere dal Trattato di Roma in avanti. È necessario che l’Europa si renda conto di questa forza. Partendo proprio dalle sfere geografiche e dagli interessi economici dove, per tradizione, ha agito da leader.
Nel formare la sua seconda Commissione, Ursula von der Leyen aveva avuto un’intuizione: nominare un commissario per il Mediterraneo. Delega poi assegnata alla croata Dubravka Šuica. Che fine ha fatto?
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